World Music

Alright Gandhi

Alright Gandhi – (Foto di Nael Manuela Simonetti)

 

Everywhere is everywhere and nowhere is nothing
Una inglese, uno italiano, l’altro americano – da Berlino

02 maggio 2017 – Le Mura

LIVE REPORT – Una leggerezza sana li affranca da ogni retaggio storico che gioca come un peso, per costruire piccole operette fondate su rifiniture piuttosto che su canovacci precostituiti. L’unica certezza è la fermezza delle linee di basso di Rosa Mercedes, per il resto, praticamente è come ascoltare tre solisti. È incredibile come risulti piena la loro musica, pur essendo costituita sostanzialmente di tocchi, sfumature, rintocchi: un macramè sonico su cui si erge la voce di Rosa, lirica, diluita nel pop, le trame estemporanee ed eclettiche del ‘nostro’ Pietro Fornara alla chitarra, la strabiliante e ricca fantasia di Dominick Gray alla batteria, quello che più di tutti gode dell’impostazione del gruppo, sciorinando una tecnica dall’anima incredula, che stimola, farcisce o richiama all’ordine; all’apparenza la fonte principale di ogni input della band.

C’è qualcosa di primitivo nella musica degli Alright Gandhi e non stiamo parlando di suggestioni tribali. C’è qualcosa di appagante nelle loro proiezioni dinamiche e non stiamo parlando di incanti alla ‘Notting Hill’. C’è qualcosa ed è stupefacente e non stiamo parlando di droghe. Per loro, non può esserci niente di più netto di un termine indefinito, perché parliamo di un caso in cui ‘qualcosa’ corrisponde esattamente all’assioma Everywhere is everywhere and nowhere is nothing.

Parliamo di uno show strepitoso, ecco di cosa parliamo, la cui parola chiave è gusto. Il disco che li ha (ri)portati in Italia, Little Traveller, rende giustizia solo parziale al loro approccio musicale e la resa conseguente. Abbisogna che questi ragazzi registrino un disco dal vivo. Una libertà artistica genuina e panteistica è la cifra stilistica di un progetto che si bea di grandi e piccoli sistemi musicali, per portare all’apice del compimento la, appunto, gustosa espressione di tre personalità. Punto.

Impossibile annoiarsi, impossibile lasciare e andare via; la vittoria di ogni artista si fa quando il pubblico pensa: “Aspetta, vediamo che succede…”. Noi abbiamo visto negli occhi del pubblico crescente tale reazione, così come ci è capitato di vederla in noi, nella prima superficie buona a riflettere, che fosse Mexican Sun Funeral Song o Little Traveller (opposti che si attraggono?), dei quadretti a vetro su una parete de Le Mura o del tuo bicchiere di birra, a cui ti aggrappi con tutto l’odio possibile perché ti impedisce di plaudire degnamente.

Ascoltate il disco dei Gandhi in cuffia e cogliete le sfumature, espandetele all’ennesima potenza ed avrete il piacere di una vita viva e della loro resa live. I ragazzi vivono davvero liberamente la loro musica, è percepibile nella soddisfazione di sorprendersi vicendevolmente sorpresi, per nulla aristocratica (e che merito!), perché condivisa all’istante anche dai presenti. L’immediatezza della loro esibizione sta nella misura con cui vengono esposte improvvisazione e rilettura. Saggi prima e dopo il tempo, i ragazzi ci hanno ricordato la lezione di ogni semplicità, l’unico punto di partenza da cui è possibile aprire mondi. Che bravi… (SEO)

 

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