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6 Maggio – Orion
Alchimie tribali dalla Svezia profonda.

Quante volte avete pronunciato o sentito la fatidica frase: “Ok, buon gruppo, ma devi ascoltarli dal vivo”? Beh, se c’è una band per cui l’affermazione calza a pennello questi sono i Goat.

L’occasione è ora a portata di mano, visto che il gruppo svedese si esibirà il 6 maggio all’Orion di Ciampino, prima data del mini-tour italiano che li vedrà poi spostarsi verso nord per le date di Milano, Ravenna e Brescia. Di motivi per assistere a un loro concerto ce ne sono diversi, ma su tutti ne evidenziamo due, uno estetico/visivo, l’altro più propriamente musicale.

Stando alle loro sporadiche dichiarazioni, i Goat provengono dalla lontana Korpilombolo, paesino di poco più di 500 anime e alcune decine di case basse, dislocato lungo una manciata di strade (basta un rapido viaggio ‘digitale’ con Google Maps per averne conferma) nella Svezia del nord, a poca distanza dal confine finlandese. Da questa terra insieme difficile e affascinante, ricca di storie arcaiche e punteggiata di piccoli laghi e prati sterminati, parte la loro proposta musicale: una World Music (titolo del loro primo album, datato 2012, che li ha catapultati sulla scena internazionale e nei maggiori festival europei) in cui ritmiche tribali fortemente percussive e non esclusivamente di marca nordeuropea si innestano su una trama più tradizionale di rock psichedelico, catturando sia i vecchi nostalgici del sound anni ‘60 che i meno avvezzi al genere.

Lo stesso miscuglio compositivo si ritrova e si amplifica sul piano estetico: i membri dei Goat, rigorosamente anonimi, si esibiscono, infatti, in abiti folcloristici di provenienza altrettanto disparata, colmi di piume e lunghe stoffe dai colori sgargianti, celando il loro volto con maschere e veli.

Questo potente impatto visivo è poi arricchito dalla frequente dilatazione dei brani nelle performance dal vivo: ciò che nei pur riusciti album (il secondo, Commune, è del 2014) si piega e si adatta a un minutaggio tutto sommato contenuto, si diluisce sul palco in lunghe e ipnotiche esecuzioni in cui prende corpo la vena più psichedelica del gruppo, mentre le ritmiche ossessive e le voci urlate ne accompagnano e rendono efficace l’alchimia. (Marco Pacella)

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