JAZZ / STRUMENTALE


Knup Trio

Un piccolo passo verso nuovi orizzonti

 

di Angelo D’Elia

RECENSIONE – Li avevamo lasciati due anni fa, i Knup Trio, con un pregevole omonimo disco d’esordio (recensione LESTER qui), che convogliava perfettamente umori jazz ed inclinazioni marcatamente rock, improvvisazione e divagazioni free ed uno spiccato gusto per la melodia, il tutto strumentale e rigorosamente acustico.
Oggi, ci ritroviamo tra le mani questo EP, fresco di stampa, e riscontriamo con piacere che qualcosa si è smosso nel corso di questi due anni. Sicuramente l’entrata in cabina di regia di un personaggio come Fabio Recchia (che, ricordiamo, condivide il palco con il batterista del trio Emanuele Tommasi nel progetto Nohaybanda) ha contribuito a questo parziale ma interessante cambio di direzione, portando il trio verso territori e sonorità più moderne, mantenendo però pressoché intatto lo spirito che ce li aveva fatti apprezzare così tanto.

Scrivevo, riguardo al lavoro precedente, che poteva risultare un ascolto complesso, soprattutto per la durata delle composizioni, quasi sempre superiore ai 6 minuti (l’ascoltatore medio odierno, spesso, non ha questa soglia di attenzione). In questo senso è evidente il lavoro di cesellamento in fase compositiva: i pezzi sono più corti, più compatti e meno dispersivi e l’inserimento di qualche spruzzata di elettronica – l’aggiunta del synth, manovrato dal bassista Francesco De Palma – aggiunge spessore al sound, traghettandolo verso territori ancora inesplorati dal trio.

Esemplare il pezzo d’apertura, Run: pochi semplici accordi, in crescendo, delle tastiere di Fabrizio Boffi, sostenuti dal sintetizzatore che conferisce corpo ed epicità, ed il drumming preciso e costante di Lele Tommasi, ci portano dalle parti degli Air o del Moby di Play (il titolo potrebbe essere un omaggio…). O come nella successiva EV, in cui tastiere e synth ingaggiano una soave battaglia che porta ad una tensione che si scioglie un attimo prima di arrivare a saturazione.

Questi i pezzi più interessanti del lotto, quelli in cui i Knup osano e sperimentano di più rispetto al passato, quelli che colpiscono per davvero, il resto è ordinaria amministrazione, ricordandoci sempre, però, che di grandi musicisti stiamo parlando, quindi la qualità è sempre piuttosto alta. Un lavoro con spunti estremamente interessanti che speriamo vengano approfonditi fino in fondo in futuro, perché questa nuova direzione ci piace ed abbiamo l’impressione che la superfice sia stata soltanto scalfita. Attendiamo fiduciosi.

Knup Trio – Run
(Autoprodotto, 2018)

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