LESTER PIÙ #14

LESTER PIÙ – I Sensi si mischiano e si confondono, si assegnano ruoli inediti e subentri. L’udito che non ha mai visto, ci vede di più. Che si tratti di Letteratura, Cinema o Arti Figurative, abbiamo una patologia, che ci costringe nell’essere Umani curiosamente completi, che si muovono in ampi spazi culturali. Solo che, ogni volta che fronteggiamo un’opera d’arte, abbiamo una colonna sonora ad hoc che parte. Autonoma. Soprattutto a Roma. Tranquilli: contiamo anche di segnalarvi gli eventi che provocano grandi acuti della nostra disfunzione. Per sentirsi meno soli. Rubrica a cura di Marco Pacella e Angelo D’Elia

 

Quando i Fast Four chiesero un video al fumettista di Chicago

È l’estate del 1995, i Ramones hanno una quasi ventennale carriera alle spalle; sono ormai una band riconosciuta in tutto il mondo, decine di colleghi più o meno giovani li annoverano fra i loro maggiori ispiratori. Eppure qualcosa si è rotto, per i “Fast Four” è il momento di appendere il chiodo (quello di pelle) al chiodo (quello di ferro). Manca solo un ultimo tassello, ed è quello che proprio nel luglio dello stesso anno prende forma in ¡Adios Amigos!, il canto del cigno (o dell’aquila, per fare un paragone ornitologico più affine ai nostri) per la punk band newyorkese. E fin qui, è storia.

Ma veniamo a noi: se c’è una band nel mondo del rock che ha incarnato a pieno il linguaggio del fumetto, questa è senza dubbio alcuno quella formata dai quattro finti fratelli Ramone, fin dai tempi in cui – per dirne una – il prode Johnny si poneva alla chitarra indossando sotto l’immancabile chiodo un’apparentemente innocua maglietta di Mickey Mouse.

 E come concludere questa liaison se non affidando la cura del loro ultimissimo singolo – nel loro ultimissimo album – a una matita gigantesca (oggi ancor più di allora) della nona arte?
Detto, fatto. In America, se parliamo di fumetto underground di qualità sopraffina, ci vengono in mente diversi nomi, certo; ma ce n’è uno che alla metà dei Nineties è l’esatta incarnazione (per ribaltare la simbiosi precedente) del linguaggio ramonesiano nel fumetto: Daniel Clowes, fan dichiarato del gruppo.

Primo giugno 1995: una chiamata informa Clowes che ha da mettersi al lavoro sull’imminente video animato che accompagnerà I Don’t Want To Grow Up, cover waitsiana con cui i Ramones dicono addio agliamigos e alla scena tutta.
Primo luglio 1995: solo un mese dopo, il video inizia a girare nelle TV del globo. È lo stesso Clowes ad aver ammesso in un’intervista la folle operazione, dai ritmi più che serrati, in cui si è imbarcato (lavorando giorno e notte) per portare a termine l’impresa, fra pacchi di fogli, matite, chine, storyboard e tavole complete. Dentro c’è davvero tanta roba, non solo una mera traduzione in immagini del testo partorito da Tom Waits e qui frullato e velocizzato alla bisogna: infanzia infelice, violenze domestiche e urla mediatiche, fughe nell’immaginazione, unico rifugio sicuro (chissà) per chi, fatti due conti, non accetta proprio di dover crescere.

Ma questi sono i Ramones, diamine! E il tempo corre (più di loro), la scadenza è imminente. Tutti gli altri impegni devono essere rimandati quando ad attenderti ci sono Joey & Co., persino la tua vita privata. Ancora una volta: detto, fatto. Clowes (udite udite) posticiperà il suo matrimonio per tener fede alla promessa.
Love Waits, letteralmente. I Ramones ringraziano, e noi con loro. (Marco Pacella)

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