ALTERNATIVE ROCK

Primal Scream – (Foto di Nael Manuela Simonetti)

Batti, batti le manine

16 luglio 2017 – Ex Dogana | Viteculture Festival

LIVE REPORT – Molta acqua è passata sotto i ponti da quando, nell’ormai lontanissimo 1991, i Primal Scream davano alla luce una pietra miliare come Screamadelica e venivano all’unanimità acclamati come fautori di una vera rivoluzione: ovvero unire sotto lo stesso tetto la passione viscerale per il rock n’roll dei golden sixties (e per gli Stones in particolare) all’allora nascente club culture a base di ecstasy e ritmiche incalzanti.

I tempi sono cambiati, ma quella vecchia testa matta di Bobbie Gillespie sembra non farci caso più di tanto, e si presenta sul palco dell’Ex Dogana con la sua camiciona sgargiante, la sua inamovibile frangetta e quella sua inconfondibile faccia da piccolo teppista, non ancora solcata da una singola ruga (Drugs Don’t Work  era solito affermare un suo celebre e coevo connazionale, forse si sbagliava).

Avete presente quel senso di esaltazione e di pericolo imminente che si ha ascoltando a ripetizione Simpathy For The Devil (se non lo avete mai fatto, smettete immediatamente di leggere), ecco, è questo che i Primal Scream tentano di replicare in un’ora e mezzo di esibizione. Lo si capisce già dall’incipit killer di Movin’ On Up, che stabilisce subito il groove e la direzione della serata, con Gillespie che si muove come un Mick  Jagger imbottito di anfetamine e che incita il pubblico a darci dentro e a tenere il tempo con le mani (mai visto un concerto con tanto handclapping) e la band che riversa poderose dosi di buone vibrazioni sull’intera platea.

Se ai tempi di Screamadelica, i Primal Scream erano all’avanguardia, ora, dopo ben 26 anni (e dopo che in molti hanno raccolto i loro insegnamenti), non hanno paura di suonare classici, anzi, si divertono maledettamente nel farlo: le chitarre di Andrew Innes hanno un suono pieno e distorto ed i suoi assoli li abbiamo già sentiti un milione di volte, ma riescono a toccare esattamente le corde giuste per farti star bene, le tastiere di Martin Duffy giocano col gospel, la sezione ritmica è sempre incalzante e non perde un colpo.
Un tuffo nel passato, quindi, ma di quelli rinfrescanti e rigeneratori: il mondo ha ancora bisogno di Bobbie Gillespie e soci. (Angelo D’Elia)

 

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