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“Dentro Facciamo finta che sia andato tutto bene tutta la mia eterogeneità”
Intervista a Priscilla Bei: il suo brillante disco d’esordio, il secondo video, Cose serie, le donne e la musica. Roma.


di Ilaria Pantusa

INTERVISTA – Facciamo finta che sia andato tutto bene è il disco d’esordio di una talentuosissima cantautrice romana, Priscilla Bei, ed è uscito il 2 febbraio di quest’anno per l’etichetta Lapidarie Incisioni. È un disco che abbiamo apprezzato e recensito (qui).
Noi l’abbiamo incontrata al Laghetto dell’Eur, in una mattinata di sole pallido e, mentre parlavamo, abbiamo dovuto più volte interromperci, ché alcuni volevano intervistare noi per pubblicizzare dei servizi e una signora gioconda e allegra voleva venderci anelli e bracciali riscontrando in noi due una certa somiglianza con Beyoncé e Rihanna. Abbiamo apprezzato talmente tanto che era giusto ricordarlo anche qui. Ma ora, spazio alla nostra intervista!

Ho ascoltato con attenzione e grande piacere il tuo disco, di cui ho anche scritto la recensione e più lo ascoltavo, più notavo quanto fosse insieme vario e omogeneo. Come siete riusciti tu, Stefano Tashi Pala e Filippo Rea ad ottenere un suono simile?
Secondo me questa omogeneità è stata data in primo luogo dal lavoro di arrangiamento elettronico fatto da Stefano. Mentre io ci ho messo la mia eterogeneità, lui ci ha inserito quel collante che ha reso il tutto coerente. C’erano dei momenti in cui ci chiedevamo come dare senso alla natura tanto varia dei pezzi, poi è arrivato lui che ci ha messo la sua firma, anche se a chiudere il cerchio è stato Lucio Leoni, che ha mixato l’album, ha fatto la parte di mastering, si è occupato delle riprese della voce ed è stato il produttore artistico del progetto.

In redazione notavamo una certa corrispondenza tra le sfumature di blu della copertina e un certo umore di fondo che percorre tutto l’album, sottolineato dai fiati, che esprimono, insieme ai testi, una gran malinconia, ma non rassegnazione. Questa corrispondenza era voluta oppure è stato un caso?
La scelta del colore della copertina è stata lasciata a me. Livia Massaccesi, l’art director di tutta Lapidarie Incisioni, aveva individuato uno scatto che in realtà era un fotogramma del video del singolo (Keplero, n.d.r.), poi su questo lei ha lavorato e mi ha mandato diverse prove su diverse tonalità, il rosso, il fucsia e poi questo blu profondo ed elettrico che a me sembrava che da un lato raccontasse la profondità di alcune atmosfere più cupe e malinconiche, dall’altro quella brillantezza data dagli arrangiamenti. Non so quanto sia stata una scelta ragionata, ma a posteriori non avrei mai potuto immaginare un altro colore.

E la breve durata dei brani è stata una cosa ragionata oppure anche questo è stato un caso?
Non è stata una scelta artistica o di produzione, ma è dipeso dai pezzi che avevamo, perché questo è il mio ‘problema’ o la mia ‘forza’, dipende dai punti di vista: non riesco a scrivere canzoni più lunghe di un tot. È un mio modo, sintetico, di esprimere le cose che ho da dire.

Nel disco ospiti Valentina Polinori e Lucio Leoni, come è stato lavorare con loro?
Con Valentina è stato un featuring di questo pezzo che, prima ancora che nascesse l’idea del disco, avevo già scritto su un loop vocale, che però non aveva mai un’apertura o un ritornello. Una volta dovevamo fare una serata insieme e lei mi aveva detto di avere una mezza canzone, allora abbiamo provato ad unirle e ne è uscita fuori Caos.
Per il resto, per quanto riguarda la prima parte di ideazione artistica, cioè il lavoro di immaginazione dei suoni, ho lavorato di più con Filippo Rea. Poi, quando sono entrata in sala, sono stata più a stretto contatto con Lucio ed è stato molto interessante, perché lui ha una visione e una cultura musicale aperta anche a ciò che va oltre i confini italiani, quindi ha provato a portarci anche le sue conoscenze. È stato divertente registrare le voci, non avevo mai avuto un’esperienza del genere. O meglio, avevo già registrato in studio, però il lavoro che ha fatto Lucio è stato quello di tirare fuori una voce artistica diversa e io avevo bisogno di questo, cioè di una guida che dall’esterno mi desse le giuste suggestioni per tirare fuori altri aspetti della mia voce.
Momenti veri e propri di scrittura a quattro mani, nel complesso, non ce ne sono stati, si è trattato più che altro dell’unione di più teste. Poi c’è Cose serie, canzone di cui è stato appena pubblicato il video. È l’unica che non ho scritto io, se non qualche parola, ma che invece Nico Maraja ha scritto per me. Lui ha pensato di regalarmela per il disco e si è messo nei miei panni, adottando il mio punto di vista.

E il pezzo che tu e Lucio avete cantato insieme, Doveva succedere, come è nato?
Quel pezzo era diverso, avevo scritto delle strofe col ritornello, ma non mi convinceva, non mi piaceva più e non avevo nulla da dire in quel momento, così ho chiesto a Lucio se gli andava di scrivere una strofa un po’ più nel suo stile. Ad ottobre, poco prima di chiudere il disco, abbiamo deciso di registrare il pezzo con il suo contributo e con entrambe le voci.

Tu sai che Lester si occupa della musica a Roma, e la scena romana è sempre più attiva. Cosa pensi di questo fermento?
Sono cresciuta con l’idea e la percezione che a Roma non si potesse suonare a meno che non avessi una cover band. Invece, il fermento in questi anni si sente e trovo che sia molto stimolante e che Roma in questo momento sia una città che ha la sua forza. Poi, certo, come in tutti i circuiti, si crea l’ondata di moda, la cerchia chiusa, quello un po’ è normale, però penso che ci siano tante opportunità di dire la propria e quindi tanti di questi artisti romani li ascolto volentieri, chi più e chi meno, e mi lascio ispirare. È un circuito anche molto “de core”, di conoscenze, di amicizia. È relativamente importante stare nei posti, farsi conoscere agli eventi, anche se io, per il mio tipo di vita, su questo magari faccio un po’ più di fatica.

Qualche tempo fa leggevo un articolo che diceva che il mondo musicale è ancora troppo maschile e ci sono poche donne. Tu che sei nel mondo musicale cosa ne pensi, come lo percepisci?
Lo percepisco. Ma non è che le donne non ci siano, anzi. Donne che scrivono e che producono cose belle ci sono, ma magari in percentuale un po’ meno. Che poi il mondo musicale in qualche modo favorisca, anche se non in modo così esplicito, il successo di artisti uomini, non so da cosa dipenda, non so se sia dovuto al fatto che il pubblico è in prevalenza femminile e allora si ritrova di più nei personaggi maschili o se è perché, appunto, dietro all’immagine femminile che si espone c’è tutta una serie di retaggi culturali che anche noi donne stesse abbiamo nei confronti delle altre donne, ossia tutta una serie di aspettative e di immaginario che etichettiamo in fretta e con superficialità. Magari è un po’ più difficile per questo.
Io a maggior ragione sono un caso anomalo, perché questo fatto di avere due figli a tanta gente fa effetto. Di solito entro nei locai e nei posti e la gente si stupisce, mi dice “ma tu hai due figli, come fai?”, come se io dovessi rinunciare a tutto il resto e stare a casa a fare la lasagna. Qualche tempo fa, dopo un live, mi hanno fatto una piccola intervista e la prima domanda non è stata sul disco e sulle canzoni, ma è stata sulla vita personale, sul fatto che sono mamma e avrei dovuto raccontare come faccio a conciliare tutte queste cose. Ma alla fine io lo faccio come qualsiasi altra persona che lavora, ha un’attività propria per la quale investe tempo e contemporaneamente ha una famiglia. Sul femminile resta ancora un alone di facilità al giudizio, come a dire “ti do meno chance a prescindere”.

Io ascolto molta musica scritta ed eseguita da donne e a volte mi ritrovo a parlare con altre donne che ammettono di non avere un grandissimo interesse verso la musica al femminile e mi chiedo quali possano essere le motivazioni.
Non so perché. Forse perché quando si ascolta una voce femminile ci si sofferma più sull’estetica dell’esecuzione, perché da sempre la cantante è la donna e magari fai fatica a pensare che anche il contenuto ti possa interessare, oppure la bellezza della voce copre il contenuto.

Eppure a me sembra che il livello di tutto, anche dei contenuti, si sia alzato ulteriormente. È un piacere sentire belle voci femminili, ma anche ascoltare bei testi, o almeno io ci faccio caso.
Io preferisco una voce meno educata, ma un contenuto più interessante, cosa che magari agli uomini si concede più facilmente. Non so, ti giuro che mi interrogo anche io spesso su questa questione in generale e poi sul mio stesso approccio, cioè su quali siano i preconcetti con cui mi avvicino all’ascolto di un’artista, di una voce femminile. Questo però vale in ogni campo artistico e ho come la sensazione che giudichiamo molto più facilmente in senso negativo l’operato femminile e facciamo ancora fatica a scrollarci di dosso tutti questi anni di maschilismo che abbiamo alle spalle.

Tornando a noi, quali sono i tuoi progetti adesso?
Proprio oggi dicevo che vorrei fare un altro disco, perché la parte della produzione è un po’ come quando ti prepari alla festa, è sempre più ricca di aspettative ed è eccitante, invece quando il disco esce ti scontri con la realtà delle cose, che a volte si rivelano essere più frustranti e ti mettono in difficoltà. Io continuo comunque a scrivere, perché le idee e i pensieri non si bloccano.

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