Rock / Grunge

Profusione

La rivoluzione comincia dall’interno

Una storia che ha inizio nel 1999; una pausa lunga 4 anni; nuovi incroci, quindi ripartenze. La voglia di esserci, caparbiamente essere. Fabrizio Sola (voce e chitarra) ci racconta il nuovo corso dei Profusione, storica band capitolina di nuovo in pista con Nessuna Rivoluzione in Arrivo. Il singolo apripista, Ciò che Non Sei, con video accattivante, ci spiega cosa sarebbero potuti essere i Profusione nel 2015, senza disattendere le aspettative! L’album si pone come ponte più che ideale fra passato e futuro e ci conferma la bontà delle sensazioni genuine che suscita gente così, gente che dell’essenza fa il proprio stendardo, e gli dei solo sanno quanto se ne ha bisogno oggi, di gente così.

Cosa ti ha spinto a riprendere in mano il progetto Profusione?
Mi hanno spinto principalmente la voglia e la necessità… ero arrivato ad un punto in cui sentivo che avrei potuto smettere definitivamente, ho deciso di assecondarmi e di non forzare nessuna scelta. Sentivo che la storia non era conclusa anche perché continuavo a scrivere brani. Però avevo bisogno di nuovi input, di un progetto nuovo, con diverse caratteristiche. L’incontro con Rey (bassista) mi ha dato tutto questo. Abbiamo semplicemente iniziato a lavorare sui brani e in pochissimo tempo tutto è ripartito con grande naturalezza.

Come è avvenuta la scelta dei brani per Nessuna Rivoluzione in Arrivo? Per esempio l’idea di rivisitare anche brani vecchi del repertorio del gruppo.
Mi serviva un lavoro che in qualche modo chiudesse il cerchio, che facesse da ponte tra il passato, il presente e aprisse degli spiragli per ciò che potrà essere in futuro. Lavorare con altre persone mi ha permesso di ‘sentire’ i brani vecchi in un modo nuovo e, in alcuni casi, di dargli una veste nuova. E’ un album che racchiude abbastanza fedelmente le varie sfumature del sound dei Profusione e i brani nuovi rappresentano una delle strade che potremmo utilizzare in futuro.

In che modo i nuovi componenti della band hanno partecipato alla creazione del materiale registrato?
Con Rey c’è stato un confronto continuo. Abbiamo lavorato sui brani insieme. Anche questo è stata una novità per me. Anche lui è un autore e quando due persone abituate a lavorare in indipendenza assoluta si incontrano per lavorare insieme si rischia di andare in contrapposizione. Invece tutto ha funzionato bene. Diciamo che lui è stato molto rispettoso e io molto paziente! Poi la batteria di Oscar ha dato ai brani dei Profusione alcune variazioni ritmiche che in passato non avevamo.

L’album è completamente autoprodotto. Come intendete affrontare la distribuzione?
Posso dirti che stavolta abbiamo curato tutto noi dall’inizio alla fine. La cosa positiva è che abbiamo avuto il controllo su tutto e il tempo per fare tutte le prove che ci venivano in mente. Saremo su tutti i principali stores digitali, venderemo il cd ai concerti, e useremo al massimo le possibilità che dà internet in questo ambito.

Entriamo nello specifico dei brani. Un suono che dimostra tutto l’amore per un certo rock che va dall’America degli anni ‘90 – la scena di Seattle su tutte – a celebri band italiane come gli Afterhours.
Sì, in linea di massima confermo, anche se questi sono discorsi che per me non hanno mai avuto grande importanza. I Profusione non hanno mai seguito un genere. E’ innegabile che il periodo di Seattle abbia avuto un’influenza particolare su di me, come è innegabile la vicinanza ad un certo rock alternativo italiano. Come fruitore di musica, però, io ascolto veramente di tutto. Amo i cantautori, amo il grunge, amo il rock alternativo, amo un certo tipo di metal, impazzisco per Nick Cave… insomma, se dovessi fare una playlist ci troveresti dentro da Mina ai Metallica. Però, aldilà del mio stile compositivo che ovviamente è personale, la scelta delle sonorità e degli arrangiamenti viene fatta in base al tipo di brano e alle sensazioni che ci suscita. Ci sono delle caratteristiche predominanti, è ovvio, le chitarre ‘cattive’, le atmosfere cupe, oppure il prediligere arrangiamenti che vadano dritti al punto, senza troppi fronzoli. Ci hanno sempre classificato come un gruppo che fa rock ‘essenziale’. E’ una definizione che mi ha sempre fatto un po’ incazzare, però forse hanno ragione!

Nei testi abbiamo riscontrato un atteggiamento disilluso, più che pessimista, sia sul piano dei riferimenti politico-culturali (La Tua Rivoluzione o Posso Uccidere Anche Te) che per quanto riguarda le scelte quotidiane (l’efficace Dicono Tutti).
Il cd insiste molto sulla differenza tra quello che si è in realtà e quello che si crede o si racconta di essere. Ci sembra che in anni così confusi si abbia la tendenza a crearsi degli appigli sicuri, dei punti di riferimento ‘artificiali’ che ci facciano sentire più al riparo e parte di ‘qualcosa’. Come se si sentisse il bisogno di seguire una strada già tracciata, piuttosto che crearsene una personale. Si ha la tendenza a delegare, a cercare qualcuno all’esterno che risolva i problemi o che se ne faccia portavoce. La rivoluzione va bene, a patto che la faccia qualcun altro. E’ un atteggiamento disilluso, ma che si sforza di essere costruttivo. E’ un invito a non chiudersi in una stanza, a non nascondersi sotto una bandiera, a prendere coscienza di quello che si è, difetti compresi.

(Intervista raccolta da Marco Pacella)

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