MATH / SPERIMENTALE

Zu

Zu – (Foto di Nael Manuela Simonetti)

 

Jathor release party

25 aprile 2017 – Monk (Circolo Arci)

LIVE REPORT – Il 25 aprile è una data di capitale importanza per il nostro paese e per la nostra cultura. Segna un momento di svolta epocale: la liberazione da un regime oppressivo e violento, da parte di un manipolo di coraggiosi che decisero di mettere in gioco le loro esistenze per il bene comune (e ai quali siamo ancora debitori), per liberare tutti noi. Un vero atto rivoluzionario quindi, e secondo noi, non è un caso che in questo giorno di celebrazione della Libertà, a suonare sia una delle band più libere e fuori dagli schemi del panorama musicale nostrano.

Gli Zu si possono definire (e permettetemi il paragone forse azzardato, ma calzante) dei veri e propri partigiani della musica. Sono una minoranza, ma hanno coraggio ed armi potenti per liberare le nostre menti. In un panorama ormai dominato da una banalità fastidiosa ed ombelicale, dove l’immaginario non va al di là della propria ‘cameretta’, gli Zu ci portano sul ciglio di un baratro nel quale forse è difficile gettarsi, ma una volta fatto, non c’è via di ritorno. Ascoltare e sostenere oggi una band come questa, è un piccolo (ma importante) atto rivoluzionario.

L’occasione è la presentazione dell’ultimo lavoro in studio Jhator, in uscita per l’etichetta britannica House of Mitology, disco che segna un punto di svolta nella ormai ventennale carriera della band. Niente ritmiche schizzate, nessuna folle svisata jazz-core, solo due lunghe tracce in cui la vena elettronica già accennata nel precedente Cortar Todo (2015) viene seguita ed assecondata fino in fondo, in un pastiche che incrocia i Tangerine Dream e gli esperimenti più dilatati e ambientali di Klaus Schultze ad un approccio sinfonico finora inedito nello spettro musicale del gruppo.

Quindi, cosa aspettarsi dal vivo alla luce di tale radicale svolta? Ovviamente se ne infischiano e relegano la parte dedicata al nuovo disco al banco del merchandise. Si presentano sul palco nella formazione classica sax/basso/batteria, senza orpelli elettronici di sorta, anche per suggellare ulteriormente (se ce ne fosse bisogno) il rapporto fideistico con la vasta schiera di aficionados accorsi per l’evento.

Trasporre in parole in parole un concerto del genere è cosa ardua, è difficile replicare lo smarrimento sensoriale di fronte ad un suono cosi monolitico. La batteria di Tomas Jamyr (in organico dal 2015, alle spalle esperienze in formazioni come i Motorpsycho) ed il basso di Massimo Pupillo creano una vera e propria tempesta di ritmiche folli e dissonanti, una bolgia da cui emerge il sax baritono di Luca Mai, che sulle tonalità basse sembra uscire fuori direttamente dalle viscere della terra, e quando invece si assesta sui registri più acuti, dirige la band in direzione del free jazz più sfrenato, facendo suonare il tutto come un concerto di Sun Ra tenutosi direttamente al centro dell’inferno. Impossibile citare una eventuale scaletta, impossibile catalogare un flusso continuo di assalti sonori che per poco più di un’ora hanno messo a dura prova orecchie e sinapsi dei presenti, lasciando però, alla fine dei giochi, piacevolmente storditi e consapevoli di aver assistito a qualcosa di unico, quasi alieno.

Gli Zu confermano ancora una volta di essere una realtà necessaria, nel panorama musicale italiano, perché dimostrano che è possibile ragionare fuori dagli schemi ed esprimere la propria arte senza compromessi. Forse sono ostici, difficili da avvicinare, ma è importante che siano lì, a disposizione di chi voglia liberarsi dalle convenzioni e lasciarsi trasportare in dimensioni nuove e ed oscure (e proprio per questo eccitanti). Buona liberazione a tutti. (Angelo D’Elia)

 

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