FUNK / ROCK

26 novembre 2015 – Teatro Quirinetta
Vietato respirare. Fino alla fine

Gira una voce lungo tutto l’italico stivale da qualche anno a questa parte: i Calibro 35 sono la miglior live band italiana in circolazione. Dopo quanto visto il 26 novembre al Teatro Quirinetta, non possiamo far altro che condividere. L’occasione è particolarmente ghiotta: c’è un nuovo lavoro da presentare, S.P.A.C.E., quinta uscita discografica della band e, come si può intuire dal titolo, l’obiettivo dei Calibro 35 è quello di accompagnarci in un viaggio verso territori inesplorati.

L’incipit è di grande atmosfera: un montaggio di voci da spezzoni di b movies di fantascienza anni ’50 fa da tappeto all’ingresso della band, che attacca con le delicate percussioni e l’organo floydiano di Serenade for a Satellite. Il tutto ci introduce perfettamente alle atmosfere spaziali del nuovo disco, che segna un parziale cambio di direzione e di sonorità.

Se, infatti, gli elementi base rimangono gli stessi (un energico funk rock strumentale con profonde suggestioni cinematografiche), l’ambientazione interstellare permette ai Calibro di dilatare le trame e di premere decisamente a fondo sul pedale della psichedelia. Massimo Martellotta spesso accantona la sua chitarra per mettere mano ai sintetizzatori, il basso di Luca Cavina non è mai stato così profondo. A dirigere i giochi, come sempre, il poliedrico Enrico Gabrielli, vero centro nevralgico dell’intera operazione, che si alterna tra tastiere, sax, clarino, flauto traverso e violino e che, come un folletto invasato, porta l’intera band verso direzioni sempre imprevedibili.

Tra momenti di sospensione psichedelica ed assalti a base di bordate d’organo e fiati affilatissimi, la prima parte della scaletta (interamente dedicata al nuovo album) scorre via senza un attimo di respiro: non uno sguardo verso la platea, non una parola di circostanza, non un’interruzione, è la musica a parlare (e magari fosse sempre cosi).

Al loro rientro sul palco, si ritorna sul Pianeta Terra con una selezione di brani tratti dai precedenti lavori, e qui le chitarre di Martellotta hanno modo di sfogarsi in pezzi ormai classici come Giulia mon amour o Notte in Bovisa, dall’impatto semplicemente devastante.

Difficile, forse addirittura impossibile trovare uno spettacolo dal vivo migliore di questo, attualmente, in Italia. (Angelo D’Elia)

Foto di Francesco Spingola

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