FOLK PUNK

Flogging Molly

Flogging Molly

22 luglio – Eutropia Festival
Il seme dell’Irish Punk, da annaffiare con birra scura

Sono cinque gli album all’attivo da quel (non lontano) 2000 in cui rilasciarono l’esordio Swagger, con cui iniziarono a imporsi come uno dei nomi di riferimento del folk punk su scala mondiale. I Flogging Molly lasciano ora lo studio in cui sta prendendo forma la sesta creatura discografica (in uscita pare a inizio 2016) per un lungo tour europeo partito a giugno in Norvegia e che raggiungerà l’Italia per due date, il 21 luglio a Segrate (Mi) e il 22 a Roma, sul palco della Città dell’Altra Economia a Testaccio, nel ricco cartellone dell’Eutropia Festival.

Non manca nulla alla band capitanata dal dubliner Dave King – in passato membro dei Fastway di Eddie Clark dei Motörhead e Pete Way degli UFO – per inserirsi di diritto nell’immaginario musicale e culturale irlandese, nonostante i Flogging Molly siano effettivamente di stanza negli Stati Uniti, avendo mosso i primi passi a Los Angeles.

Intanto, i riferimenti musicali, The Dubliners e Pogues su tutti, innestati sulla lezione dell’indimenticato Joe Strummer e dei Clash. Poi, i temi, dall’impegno politico alle venature più malinconiche, storie di esilio e di sconfitta o romantiche incursioni letterarie nelle leggende dei pirati, fino alla sana condivisione – magari seduti tutti intorno al tavolo di un pub – di un immaginario reale o fatato, lontano nel tempo e nella memoria ma mai accantonato.

Il tutto innaffiato da tanto sudore – complici gli arrangiamenti che piegano gli inconfondibili reel e gighe irlandesi all’energico punk rock della West Coast – e quegli immancabili ettolitri di birra scura a contestualizzarne con precisione chirurgica la provenienza geografica, lungo le sponde del River Liffey.

Altro elemento di inconfondibile marca irish è, ovviamente, la familiarità con la dimensione dal vivo. Brani che alternano un incipit calmo e arioso a un repentino e violento corpo centrale dove violini e fisarmoniche, tin whistle e banjo, quasi faticano a tenere il passo nelle strofe e nei ritornelli lanciati a velocità estrema. E proprio sul palco, al contatto con il pubblico, questo repertorio trova il suo habitat ideale, quando tutto si muove, segue il ritmo, prende il volo, e la voce di Dave King diventa solo un urlo strozzato, sommerso da una carica sonora che con forza cattura ogni singolo spettatore spronandolo ad abbandonare la sua sicura posizione statica. (Marco Pacella)

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