Progressive Rock

La Fabbrica dell’Assoluto

 

Specialità della ditta: fortuna, contingenza, volontà. E grande consapevolezza

INTERVISTA – Li abbiamo incontrati dal vivo pochissimo tempo fa, testimonianza dell’evento e di ciò che pensiamo de La Fabbrica dell’Assoluto potete trovarla esattamente qui, lettura oltremodo illustrativa e che ovviamente consigliamo.
Il gruppo prog romano miete consensi e la nostra voce non stonerà nel coro unanime, perché i ragazzi, all’atto pratico, non scherzano. Contestualizzando il momento nella parabola ideale di un percorso artistico, l’esordio de La Fabbrica sta guadagnando elogi più che importanti, l’augurio migliore che si possa fare, quindi, è di durare a lungo, per non perdere l’opportunità di cogliere la piena maturazione. Di queste sensazioni e di quelle che muovono la loro opera, parliamo di seguito. (Pietro Doto)

Il vostro disco 1984 – L’Ultimo Uomo d’Europa, è ispirato al libro di Orwell*. Il nome della band è legato al romanzo di fantascienza del ceco Karel Čapek**?
In realtà si tratta di una casualità, la scelta del nome della band nasce dall’idea di concentrare in poche parole il nostro modo di fare musica. La composizione del nostro album d’esordio e in generale il nostro approccio alla musica è determinato dallo stretto contatto di ciascun componente della band sul ‘campo di battaglia’. La sala prove è sempre teatro di scambi di opinione, di diverse sensibilità e diversi gusti musicali che si confrontano ed arrivano ad una sintesi musicale che, da un lato rappresenta il contributo di ciascun membro alla composizione, dall’altro, nella sua forma definitiva, è slegata ed indipendente rispetto alla singola personalità di ciascun fabbricante… Per esprimere questa idea abbiamo scelto il nome La Fabbrica dell’Assoluto, nonostante le tematiche ed il mood dell’opera di Čapek possano far pensare ad un accostamento voluto con il romanzo.

L’intero lavoro è concepito come un’opera rock le cui tracce sono collegate. Questa scelta è stata dettata da certa tradizione prog nei riguardi del ‘concept’?
Sicuramente l’ascolto e la passione per il progressive rock italiano e non, hanno rappresentato un riferimento importante per noi, permettendoci di assimilare la forma del concept. Al di là del background musicale e l’amore per i grandi maestri del genere, la scelta del concept album ci è sembrata obbligata per la ricchezza di atmosfere e di spunti introspettivi presenti nell’opera di Orwell. Quindi possiamo dire che non si è trattato tanto di manierismo fine a se stesso, quanto di una necessità vera e propria.

Avete costruito un filo conduttore fra le ambientazioni del romanzo di Orwell e quelle della contemporaneità. Pensate che la tela musicale che avete creato riesca nell’intento di amplificare il messaggio dell’opera? Se sì, come?
Non ci sentiamo di dare un giudizio sull’impatto del nostro lavoro nell’amplificare il messaggio dell’opera Orwelliana, ci limitiamo a sperare, con una certa dose d’orgoglio, che l’ascolto di un nostro live o del nostro album possa rappresentare per qualcuno l’opportunità di accostarsi alle riflessioni e alle tematiche contenute nell’opera stessa. Innanzitutto perché hanno rappresentato per noi una fonte di arricchimento personale, in secondo luogo perché riteniamo che la lucidità di esposizione dell’autore fornisca degli strumenti utili per comprendere l’importanza della consapevolezza come unico antidoto a certi meccanismi che, al di là del dove, del come e del perché, conducono l’umanità a perdere se stessa.

E della scelta di figurare in concerto con tute da lavoro che ricordano Gian Maria Volonté in La classe operaia va in paradiso, cosa potete dirci?
Ah ah ah… a questo accostamento non avevamo mai pensato… in realtà ci sembra un paragone sensato. Le nostre tute non si riferiscono agli operai protagonisti del film di Volonté ma ai membri del partito unico di Oceania, cosi come rappresentati anche nel film Orwell 1984. Nonostante le differenze di luogo e di situazione, ci sembra che tra la storia di Lulù e quella di Winston ci sia un collegamento. Il filo conduttore è il senso di alienazione che vivono i due protagonisti, che sia frutto del lavoro in fabbrica o dell’opprimente partito unico guidato dal Grande Fratello, quello che dà da pensare è l’influenza della realtà vissuta sulle emozioni e sulla psicologia degli individui e a loro volta l’influenza di queste sul senso della vita umana… insomma, una serie di riflessioni così importanti da rendere necessaria una conferenza apposita… oppure abbiamo qualche altro chilometro di spazio per scrivere a sufficienza?

Nell’album, a parte 3 casi in cui si ascoltano composizioni medio lunghe, ci troviamo di fronte a brani brevi. Un’anomalia, considerando la durata media nel mondo prog.
Sì, in effetti non tutti i brani hanno una durata paragonabile a quella che ritroviamo nei canoni del prog. La ragione è da ricercare nella mancata volontà di dare priorità alla ripresa degli stilemi del genere. Abbiamo cercato di dare priorità alla storia, partendo dal contesto sociale (I due Minuti dell’Odio) ed arrivando ai pensieri del protagonista Winston in tutte le fasi salienti del romanzo. In sintesi, la durata dei brani non è stata considerata in se stessa, ma è stata al servizio dei vari momenti della storia che l’album segue, diciamo che il riferimento al progressive è più evidente per le strutture armoniche e ritmiche dei brani che per la loro durata. In Processo di omologazione abbiamo cercato di riferirci in un solo brano alle conseguenze del tradimento di Winston e al tentativo del partito riportarlo all’ortodossia, attraverso un processo che si compone di varie fasi ma che allo stesso tempo rappresenta un momento unico nel racconto, per questo abbiamo pensato di considerarlo un unicum con la durata che ne consegue.

Dal vivo abbiamo riscontrato chiaro gusto per la sperimentazione. C’è un ottimo affiatamento tra di voi: innato ed istintivo? Volontà e lavoro?
Innanzi tutto vi ringraziamo per averci supportato nei live e per aver speso queste parole per noi. Per quanto riguarda l’affiatamento crediamo che sia un concorso di entrambi i fattori. Da un lato c’è stata l’ampia condivisione di esperienze musicali, basti pensare che 3/5 dei membri (chitarra, basso, batteria) sono cresciuti musicalmente insieme, condividendo vari progetti musicali e accrescendo l’unione istintiva della band. Dall’altro c’è stata una buona dose di fortuna e sicuramente tante ore di prova e voglia di andare avanti. La volontà di progredire ha invogliato ciascuno a mettere nel progetto e nella creazione di 1984 –L’ultimo Uomo d’Europa tutte le risorse di impegno e di tempo possibili.

Il progressive resta una musica di nicchia, nonostante la riscoperta degli ultimi tempi. Voi sembrate godere di una stima diffusa e che va oltre gli steccati di genere.
Sicuramente il progressive non ha una diffusione ampia nel circuito ‘mainstream’. Nonostante questo aspetto, abbiamo sperimentato in più occasioni la qualità e la varietà del popolo del prog in generale. Con il termine qualità non vogliamo etichettare in maniera dispregiativa altri generi ed altre scene musicali, ma sottolineare il modo particolarmente attento di fruire la musica da parte dei proggers. In controtendenza con la diffusione della musica standardizzata e ascoltata in rete in modo distratto, l’appassionato di musica prog di ogni età continua a coltivare l’idea del ritagliarsi uno spazio per dedicarsi all’ascolto di musica, subisce ancora il fascino di mettere un disco nel giradischi per godersi con la massima predisposizione ed apertura il momento.

La scelta di pubblicare con la Black Widow è stata voluta o siete stati corteggiati? Diteci, com’è andata?
La scelta di pubblicare con la Black Widow è dovuta alla convergenza di più fattori. Parlando di corteggiamento, potremmo dire che la Black Widow lo ha fatto con la propria storia e competenza. Ancora prima di avergli proposto il nostro lavoro, infatti, abbiamo potuto apprezzare molti album pubblicati dall’etichetta e percepire l’attenzione ed il lavoro alla base di queste produzioni. Alla stima per l’etichetta si è poi aggiunta la casualità degli eventi. In occasione della registrazione della demo di 1984: L’ultimo Uomo d’Europa, abbiamo saputo che lo studio che ci ospitava aveva collaborato con la Black Widow in precedenza. Grazie a questa coincidenza siamo riusciti ad avere un primo contatto con l’etichetta ed abbiamo fissato un appuntamento per ascoltare insieme le registrazioni. Nel primo incontro con Pino Pintabona ci siamo trovati subito in sintonia ed abbiamo avuto la conferma della disponibilità appassionata della Black Widow. Da allora abbiamo avuto con tutto lo staff uno stretto rapporto di collaborazione e di scambio reciproco, che ci ha portato alla pubblicazione del nostro album di esordio e che dura tuttora. Li ringraziamo per averci sostenuto con tanta fiducia e determinazione.

Chiudiamo con una nota di non poco conto: nel disco è presente anche una voce storica del progressive rock italiano, Pino Ballarini del Rovescio della Medaglia.
Dobbiamo dire che la collaborazione con Pino Ballarini ha rappresentato per ciascun membro della Fabbrica la realizzazione di un sogno. Da appassionati di progressive italiano, infatti, abbiamo sempre ammirato la musica del Rovescio della Medaglia e amato l’energia e la potenza della voce di Pino. Anche in questa circostanza la fortuna ha mischiato le carte permettendoci di trasformare un sogno nel cassetto in realtà. In occasione del Progressivamente Festival del 2014 abbiamo avuto la fortuna di sentire la sua esibizione dal vivo con il Rovescio. La possibilità di vederlo dal vivo ha elettrizzato tutta la band, ma la più grande emozione doveva ancora venire. Grazie alla sua disponibilità, il concerto romano del Rovescio è diventato un’occasione per condividere qualche giorno in sua compagnia ed un’opportunità per conoscere la persona dietro la voce. Potete immaginare l’euforia provata nel sentirlo disponibile a regalarci la sua voce per La Canzone Del Castagno o nell’averlo avuto al nostro fianco a condividere il palco. Speriamo di condividere altri momenti in futuro e lo ringraziamo per aver sempre creduto in noi. (Intervista raccolta da Francesco Di Giugno)

* Copertina e grafica booklet tratte da: Libertà di Scelta, del pittore Cesare Modesto
** Scritto nel 1922 ma pubblicato per la prima volta in italiano solo nel 1984

 

La Fabbrica dell’Assoluto

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