CANTAUTORATO
Lucio Leoni – (Foto di Giovanni Marotta)
Intervista senza limiti a Lucio Leoni: “Dell’Io-uomo, dell’Io-artista”
di Pietro Doto
INTERVISTA – Due matusa e quattro pacchi di sigarette: di reperti archeologici si tratta, ma non solo come tali vanno trattati. Pubblichiamo la prima parte di una lunga, lunga chiacchierata con l’artista romano, autore di uno dei lavori più interessanti dell’ultimo periodo, Il lupo cattivo (novembre 2017). Registrata nel febbraio scorso, l’intervista si era perduta nel bosco anch’ella, ritrovando la strada giusto in tempo per.
Da allora il buon Leoni ha girato la penisola, è anche tornato a Roma per una splendida e rimarchevole serata all’Auditorium, ora si appresta a esibirsi il 29 giugno all’iFest (Indipendent Festival di Parco Ponte Nomentano), poi in apertura dei Zen Circus il 20 luglio all’ArdeForte Festival (Parco del Forte Ardeatino).
Lo spirito archivista del vecchio bibliotecario, dunque, la vince, anche perché di cose interessanti da leggere ce ne sono e ancora attuali; almeno a noi sembra così. A breve la seconda parte, più ‘tecnica’ ed incentrata su Il lupo cattivo disco. Buona lettura.
Fra i nomi più in voga al momento a Roma c’è anche il tuo, ma il tuo disco per LESTER è, nella sostanza, quello più interessante.
Ti voglio bene.
Eh, grazie. L’indizio principale sta nel fatto che in redazione si è discusso del tuo disco, meno di altri, che si trattasse d’odio o d’amore.
Benissimo, ma vivaddio!
Oggi, lontani da obblighi promozionali, possiamo permetterci un’intervista aperta.
Bene, speculativa! Vai!
Il lupo cattivo è uscito da un po’, i tempi di oggi viaggiano ad una velocità supersonica: non ti sembra che il momento di Lucio Leoni sia già passato? Come si vive la sensazione di essere dimenticati in fretta?
È una sensazione fantastica! Ah ah! Certo, è così, io sono d’accordissimo con te. Ne parlavo proprio con la mia collaboratrice, Livia Massaccesi, che si occupa dei video e delle grafiche; mi diceva: “Adesso dobbiamo fare un altro video”. Io facevo: “Livia, guarda che sto disco è già morto, quale altro video, altri soldi di promozione, non ha senso… il disco è già finito, è già morto. Dal punto di vista artistico è ormai un dato di fatto che te lo devi prendere e mettere in tasca, non puoi farci un cazzo, ma conto sul fatto, spero, che la ‘pesantezza’, più che lo spessore, di come e di quello che scrivo, in qualche modo permetterà a questo disco di continuare a resistere nel tempo, a differenza di tanti altri che durano molto poco. Questo è un disco che tu tra due anni te lo puoi andare a risentire e scoprire altre cose, per come la vedo io, però è chiaro che dal punto vista promozionale, dal punto vista del ‘momentum’, è finito. Su Roma. In realtà quello che si apre dopo sono le date fuori, Milano, Bologna, Torino, lì è cominciata da poco.
Che tipo di risposte hai avuto finora?
Molto buone, molto positive, a parte che per la prima volta in vita mia mi esibisco davvero lontano da Roma e ci sono delle persone che vengono a sentire i miei concerti, che cantano le canzoni, che è una cosa nuova. Ovviamente parliamo di numeri microscopici, cioè parliamo degli stessi numeri che facevo nel 2005 a Roma, se va bene 150 persone. È un numero incredibile per quanto mi riguarda, eh…
Beh, è un buon numero…
È bellissimo, ma se prendi altri esempi, ti rendi conto che è un numero ridicolo. Insomma, diciamo che il lavoro artistico ora è esportare, sganciarsi dalla dimensione romana, che ha anche un po’ stufato, dove, bene o male, se fai un concerto stai tranquillo che un po’ di persone vengono, e cominciare a raccontarlo fuori e vedere che tipo di reazione si ottiene, fuori da una dimensione super conosciuta, in cui sei in qualche modo una parte del meccanismo.
Hai mai riflettuto davvero cercando delle soluzioni per rendere più longevo il tuo momento?
Non credo ce ne siano. Perché ormai siamo in un momento in cui è tutto così. Cioè, noi siamo l’onda lunga del secolo più veloce della storia, no?! Il ‘900 dal punto di vista della tecnologia ha sbaragliato tutto il resto della storia…
C’è stata una rivoluzione copernicana, la nostra generazione forse non ne è consapevole?
Siamo stanchi perché ci siamo già dovuti adattare. Noi abbiamo subito il cambiamento, senza strumenti, per cui ci siamo fatti un culo così per capire che cazzo stava succedendo, mo ‘gna famo più…
A 40 anni sei costretto a fare l’adolescente, vallo a spiegare…
Bravo! Bravissimo! È così. Quando mi dicono: “Ah, te stai a svolta’ ormai, da paura…”. Io faccio: “A rega’, ma che state a di’, io ormai sono troppo vecchio!”.
A meno che non ci si arrenda un po’ a se stessi, vivendosi la situazione per quella che è, prendendone i lati positivi.
Per carità, sì, io lo dico nel senso che faccio parte già di una generazione passata per l’interesse musicale suscitato adesso, capisci? Io sono considerato un adulto dalla media del pubblico che vive la musica indipendente oggi. Ci sono già da vent’anni. Guarda, è pazzesco. Gli ultimi 15 anni sono stati l’evoluzione del ‘900. Negli ultimi 15 anni: cappottato il mondo! E questo significa che da qui in poi va sempre più veloce; ogni giorno c’è una scoperta scientifica incredibile che rischia di rivoluzionare da qui a 10 anni qualsiasi aspetto della società. Credo che il nostro compito sia quello di testimoniare, di costruire una biblioteca, un deposito culturale importante per cui tra 10 anni tu ti vai a riprendere Il Lupo Cattivo, Lorem Ipsum, dischi che provano ad avere un corpus importante di pensiero, al di là del bello o brutto, al di là del gusto, e tu possa ritrovare dentro quei dischi là degli aspetti che ti raccontano che cacchio stava succedendo.
Dopo l’attenzione suscitata da Lorem Ipsum, per il nuovo disco c’è stata ansia di prestazione?
Mah… sì, guarda, in realtà c’era tanta ansia di prestazione proprio perché ho 36 anni, mi sono trovato nella condizione… come te, faccio parte di una generazione che per buoni 10 anni, di più, 14-15 anni, ha fatto solo gavetta, la possibilità di emergere era veramente difficile perché non c’era più il mercato, perché era arrivato l’mp3, perché era esploso tutto. Con Lorem Ipsum, per la prima volta, a 34 anni si è acceso un faretto su di me (con A me mi – n.d.r.), e io non me l’aspettavo più sta cosa, io l’ho fatto pensando che l’avrei sentito io, i miei amici, mi’ madre e mia sorella, non me l’aspettavo, per me era una cosa assurda: un pezzo di sole parole in cui il ritornello arriva dopo tre minuti, senza un’armonia reale, una melodia incisiva, ecc… è stata tutta una follia, “divertiamoci, vaffanculo, che cacchio ci frega”!
L’ansia di prestazione c’era perché per la prima volta in vita mia dovevo confermare qualcosa a qualcuno, cioè, si era creato un qualcuno, non dovevo confermare qualcosa agli amici e basta, o a mia madre, per cui sì, c’era sicuramente una certa ansia, non te lo posso nascondere…
Apparentemente la tua proposta non è facilmente digeribile. Testi lunghi e ‘impegnativi’. Eppure hai degli ottimi riscontri fra il pubblico adolescenziale. Ti sei chiesto perché?
Io qui sono dubbioso, nel senso che… Il fatto che io abbia in qualche modo partecipato a più o meno l’80% delle questioni musicali di questa città negli ultimi 10 anni mi rende riconoscibile alla scena romana. Prima stavo dentro al locale (Riunione di Condominio, S. Lorenzo – n.d.r.), per cui un sacco di gente mi ha visto, mi conosceva già, sapeva chi ero anche se non sapeva che facevo musica perché ancora non la facevo all’epoca; poi lo studio di registrazione (Monkey Studio – n.d.r.): sai quanti gruppetti che adesso vanno per la maggiore venivano a fare le prove da me o le prime cose le hanno registrate da me? Voglio dire, Mannarino quando non era ‘Mannarino’ veniva a registrare da me le prime cose! In qualche modo mi sono guadagnato una fetta di rispetto e sono una persona buona, nel senso che non ho mai chiesto dei soldi veri alla gente. Infatti ‘me moro de fame’! ah, ah! Quando ho potuto fare favori ho fatto favori: ‘na Cosetta (al Pigneto – n.d.r.), Sparwasser (sempre al Pigneto – n.d.r.)… Voglio di’, è una vita che io a Roma do una mano a tutti e questo da una parte ha fatto sì che passasse il messaggio che Lucio Leoni è una persona carina, se te può da’ na mano, te la dà. E sta cosa si è trasmessa e insomma nonostante Lorem Ipsum in qualche modo fosse un esordio io non ero un esordiente del tutto.
La verità però è che penso ci sia grande fame di fatica. Il testo facile, il testo cantabile, il ritornello superfacile, sì, ma io penso che gli adolescenti abbiano una grandissima fame, i pischelli ma non solo, abbiano una grandissima fame di comunità, di riconoscersi in qualcosa e il fatto che gli venga proposto qualcosa di molto semplice, di molto immediato, almeno gli dà quello spazio là, del concerto, live, del rito sociale. La gente ha bisogno di partecipare a questi riti sociali perché non sono più gli anni ‘70 e non esistono più le compagnie di teatro che ti “violentano” per liberarti.
Hai riconosciuto queste dinamiche e potresti farmi addirittura esempi?
Pensa a Gazelle, pensa a Cosmo, pensa a queste cose qua, che in qualche modo sono molto semplici, molto immediate.
Io parlo di te.
No, no, ci arrivo, aspetta… dicevo… hanno bisogno di questa roba qua; il fatto che gli venga dato tanto di semplice non è un problema loro, ok? È un problema di chi propone! Quando qualcuno propone qualcosa di più complesso, il rito sociale è concesso uguale, la sensazione di collettività è concessa uguale ma quella fame di fatica, di difficoltà di comprensione, di andarsi a vivere un rito orgiastico collettivo in cui però non è tutto facile, non è tutto spiattellato, non è solo sole-cuore-amore è importante, esiste, c’è!
Anche la categoria ‘giovani’ che ancora esisteva 15-20 anni fa, è decaduta, pare…
Ma stanno impicciati, questi, ‘porelli’, questi si riconoscono sui social network! Quando gli danno la possibilità di ritrovarsi in 800 dentro al Monk tutti insieme a gridare forte, abbracciasse, vivaddio! Gli stanno regalando la vita! Poi, il fatto che gli si proponga la merda non è un problema loro, cuccioli: quando gli proponi qualcosa di diverso, gli dai la stessa possibilità, secondo me quella fame viene fuori, ce l’hanno un’esigenza di confrontarsi con cose più difficili.
Stai comunque dando credito maggiore al pubblico di quanto se ne riconosca di solito.
Credo che bisogni rispettare il pubblico, assolutamente. E dopotutto come fai a non rispettare una generazione che è tornata a senti’ la musica dal vivo! Questa è gente che esce la sera pe’ annasse a senti’ concerti, quando noi c’avevamo 25 anni, della grande massa dei 25enni, andavamo in 10 a sentire i concerti dal vivo, gli altri non ci andavano, adesso ci vanno in 800 e 1000, in 2000! C’è proprio una fame, poi, se questo sia determinato dal fatto che in televisione hanno fatto gli ‘X Factor’ vari o sia un’esigenza pura… io sono convinto che è un’esigenza, che manca proprio un rapporto umano nel percorso di crescita de’ sti ragazzi qua, che quella roba gli restituisce qualcosa che noi avevamo e più immediata, più quotidiana, per cui ci interessava di meno, però li rispetto, rispetto il fatto che abbiano bisogno di gridare fortissimo, rispetto il bisogno che hanno di stare insieme dentro una sala a sudare…!
Dove pensi di poter arrivare o dove vuoi arrivare come artista?
Ah, ah, ah, ah…!
Lascia stare, guarda… inseriamo solo la risata come risposta?
Metti una grande risata…! Mah, non c’ho idea, che ti devo dire… da un certo punto di vista io posso pure dire che il livello massimo che pensavo che avrei mai raggiunto l’ho già raggiunto.
Vabbè. Ti aiuto, te la faccio un po’ diversa: faresti un disco conservando l’approccio lirico, ma smaccatamente pop, pur di raggiungere più persone possibili?
Difficilissimo…
Molti artisti, arrivano a tal punto. Parliamo del circolo vizioso dell’integrità artistica.
È vero, me ne vengono in mente anche un po’… il punto di ‘voglio raggiungere più persone possibili’ è una cosa che spesso e volentieri è tornata nella mia vita, una cosa con cui ci ho fatto un po’ di conti, ti devo dire la verità; io non so se voglio raggiungere più persone possibili e non sono convinto di questo, io credo di essermi messo nella condizione per cui voglio che più persone possibili raggiungano me.
Spiegati meglio.
Ci metto della presunzione in questo, secondo me questa è una crescita, in qualche modo. Non perché, “ah, le cose mie sono le migliori allora se arrivano le persone da me vuol dire che”, però io per raggiungere più persone possibili devo entrare in una forma che conosciamo benissimo e questa forma non fa crescere nessuno, rimaniamo tutti sullo stesso piano.
Senza troppe spiegazioni: Roma?
Uhm… Roma!
Ho l’impressione che di Roma città si parli relativamente poco e lo dico anche in relazione al fatto che si sottovaluta la capacità rappresentativa della Capitale rispetto al resto della nazione.
Il primo disco è tutta e solo Roma, in particolare dentro c’è un pezzo…
Pubblicato come Lucio Leoni?
No, come Bu Cho (Baracca e Burattini, 2012 – n.d.r.); dentro c’è un pezzo che si chiama Ninna Roma, ed è tutto in romanesco il disco, praticamente. Nel secondo disco c’è ‘na Bucìa, che parla di Roma. Il punto è questo, io parlo di una Roma che non c’è più, in qualche modo, io sono un nostalgico… Per me Ninna Roma è forse il pezzo più bello mai scritto nella storia della musica su Roma (ride – n.d.r.), è solo che fa parte di un disco che non si trova per cui non conosce nessuno.
Potresti sempre rifarla.
Son due dischi che doveva esserci, poi…
Ad ogni modo, io mi riferisco ad una descrizione dell’attualità piuttosto che al racconto nostalgico.
Prima parlavamo di consigli: su questo disco sono stato fortemente consigliato di abbandonare il romanesco, il più possibile, da una serie di persone, e di abbandonare Roma e nonostante questo il 90% delle recensioni dicono che nel disco si sente tantissimo Roma, tu sei il primo che dice che manca, ma ho capito perfettamente cosa intendi… Non so… Comunque ho fatto tanto tanto su Roma, poi a un certo punto mi sono pure stufato. Nel senso che poi è una città maledetta. Eppure… eppure continua ad essere presente, sempre.