Folk / Blues

01 Giugno – Lanificio 159
Il crepuscolo sul terrazzo degli dei

Sul tetto del Lanificio l’altra sera si è consumato un banchetto per aiuole e crisantemi, in una notte di prima ispirazione estiva, con il fruscio vinilico di una moltitudine nella quale ha goduto chiunque, anche solo per un attimo, abbia distolto l’attenzione dal compagno nei paraggi.

Suggestiva la location, il terrazzo del Lanificio, in particolare quando a spiccare fra le luci a bassa altezza (idealmente lo-fi anche loro), sono esseri metà ‘uomo’ metà ‘bosco’ come Jester at Work. Straniante quanto ammaliante il contesto fatto di voci girovaghe, proprio come se producessero il fruscio di un vinile, acutizzando l’essenza dei suoni piuttosto che spegnendola; atmosfera a tratti spettrale, paradossalmente ospitale, brevi ululati alla luna di un lupo non stanco, piuttosto, saggio. Jester ha colpito nel segno.

Antonio Vitale, questo ragazzone da Pescara e i suoi 2 compari, Alessio D’Onofrio alla chitarra solista, pertinente, pura come un raggio lunare, proprio come una luce sugli umori ricercati, un’occasionale batteria (Michelangelo Del Conte), presente solo in alcune delle esecuzioni ma secca e decisa., hanno dato più di quel che promettevano/promettevamo attraverso l’articolo di anticipazione dedicato loro ad inizio settimana. La proposta musicale è fatta di arpeggi cosmici che si scontrano più che spesso con una voce effettata, in apparenza indecifrabile, se non contribuisse in effetti ad una comprensione superiore del mood totale delle canzoni in cui viene impeciata.

Quando tira fuori il suo vocione, però, una strana pace interiore offre la sensazione di curare ogni ferita esistenziale. Speriamo di rivedere Jester presto di nuovo a Roma e non ci faremo sfuggire l’occasione di consigliarvelo ancora: l’artista comunica una genuinità che va oltre gli spicchi di musica a cui rimandano le sue composizioni; il nuovo EP di cui vi abbiamo parlato, A Beat of a Sad Heart, 20 minuti di pura, oscura introspezione, ha svolto ovviamente il ruolo di protagonista e gli echi zeppeliniani di Me and Gracie, la profondità vocale di un Cave, non hanno mai messo in discussione l’alto grado di personalità del progetto.

Magnifica dal vivo People Lie, con l’apporto fondamentale dei suoi compagni di viaggio, con loro le canzoni hanno assunto diverse inedite maniere, riteniamo sia una strada assolutamente da approfondire, perché i pezzi risultano ancor più compiuti, più stimolanti. La chiusura da brividi ha avuto il suo concepimento nella >cover che non poco ha sorpreso, una versione vissuta e crepuscolare di >Whipping Boy di Ben Harper. Siamo sicuri che l’autore dell’originale avrebbe sinceramente apprezzato.

In definitiva, le nenie lente ed inesorabili di Jester, nella loro asprezza (ma non asperità), ci hanno lasciato, inspiegabilmente, il sapore di una speranza. Il potere della musica o il supplizio di una mente troppo immaginifica? Probabilmente entrambe le cose e fortunato chi entrambe le possiede. (SEO)

Si ringrazia M.I.L.K. – Minds In a Lovely Karma per la gentile concessione delle immagini.

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