Intervista


Luca D’Aversa

“L’unico modo di stare bene, è centrare se stessi”.
Il percorso che ha portato a “Fuori”, il disco più intimo e personale del cantautore romano

INTERVISTA A quattro anni dall’omonimo disco d’esordio, torna Luca D’Aversa, con un lavoro personalissimo e ricco di sfaccettature (recensione LESTER, qui). Si chiama Fuori (DIY/Sony) e da sabato scorso è già in tour per l’Italia.
In una lunga telefonata abbiamo parlato di passato, presente, felicità, con un occhio sempre attento su quello che accade nella nostra città

Sono passati quattro anni dal tuo disco d’esordio. Tu stesso hai affermato che “ci vuole del tempo e bisogna sapere a chi affidarsi”. Cosa è successo in questo periodo?

La scia del primo disco (2013) ha dilatato i tempi. Sono successe molte cose relative ad esso, su tutte l’essere scelto come artista del mese su MTV a maggio 2014 (con la messa in onda del video di Barattoli in heavy rotation) e la presenza del brano Troppo Poco nel film Confusi e Felici di Massimo Bruno nell’ottobre dello stesso anno. Non sono uno che si fa prendere dalle ansie, purtroppo, perché magari essere più rapidi a volte può aiutare. Ma come dice Filippo Gatti “solo gli stupidi si muovono veloci”. Scherzi a parte, non ho impiegato 4 anni a scrivere i pezzi e fare il disco ma stavolta ho sentito la necessità di mettermi accanto qualcuno che potesse in un certo senso darmi uno sguardo esterno e quindi è stato necessario del tempo per mettere d’accordo un bel po’ di persone.

Quindi quali sono i punti di contatto e le differenze tra il primo disco e Fuori?

Fondamentalmente due cose. Il primo è una raccolta delle canzoni migliori che uno crede di aver scritto negli anni. Nel secondo ci sono canzoni più ragionate, dettate da una maggiore esperienza e consapevolezza. Il secondo quindi non è, secondo me, il disco più difficile (come diceva Caparezza) ma quello più vero, con più consapevolezza, quello dove uno sa quali sono gli strumenti (artistici) che si è in grado di utilizzare. Un lavoro più completo insomma.

È percepibile che per arrivare a Fuori tu abbia intrapreso un notevole percorso psicologico dove esso fa rima con maturità, esperienza, riflessività, profondità. Quanto hanno influito le tue vicende personali nella scrittura?
Indubbiamente molto. Quello che scrivo e che canto devono essere cose reali. Parlo di quello che succede. Non sono il tipo che si mette a tavolino e inventa una storia. Potrei anche farlo ma poi non funziona e non riesco a portarla avanti.

In una recente intervista, Cosmo afferma che per lui la scrittura nasce sempre dalla musica, di non partire mai dal testo ma piuttosto da un parterre ritmico. Immagino che per te sia il contrario…
Non del tutto, succede anche a me. Non da un beat, magari, ma ad esempio da un giro di chitarra acustica o, specie nell’ultimo disco, da una cellula melodica o una frase. La appunto e quando torno a casa o in studio sviluppo quella frase per poi comporre. Questo approccio mi convince molto perché è meraviglioso quando c’è quella “botta” che ti fa venire voglia di scrivere e può capitare in qualsiasi momento. Sono sicuro quindi che c’è un momento in cui arriva qualcosa e bisogna essere bravi a fermarla. Mi piace questo approccio un po’ mistico alla scrittura e vorrei mantenerlo.

Fuori si colloca come la fine o l’inizio di qualcosa? È una cura? La ricetta per trovare qualcosa di meglio?Mi piace questo modo di pensare al disco, quasi fosse una seduta psicanalitica. Credo faccia proprio parte della mia indole il cercare sempre una via d’uscita perché è impensabile continuare a distruggersi. Non credo che questo disco sia una cura quanto più uno spunto di riflessione sullo stare bene, sulla positività. Io riesco a scrivere quando sono in fase di ripresa (ma nei momenti bui devo esserci necessariamente entrato) perché il cervello è sveglio, quando sto male scrivo delle cose orribili.

Nel disco è ricorrente quest’idea “rivoluzionaria” che si possa addirittura stare bene, in netto contrasto con un dilagante vittimismo autoreferenziale nei confronti del presente, del contesto storico attuale. Come si può raggiungere questo obiettivo?
Domanda da un milione di dollari. Secondo me l’unico modo è centrare bene se stessi, accorgersi di esserci. La chiave per essere sereni è darsi qualche attenzione. Centrarsi un po’ di più, tutto qui.

A livello di sound si apprezza una virata elettronica rispetto al passato. Come si è configurata quest’idea in questi anni?
Crescendo sono cambiati i miei ascolti, i miei riferimenti musicali. Sono molto selettivo a livello musicale e negli ultimi anni il mio gusto ha virato verso sonorità più distorte ed elettroniche. Anche se nel disco ci sono più chitarre che synth, nel momento in cui mi sono messo sulla produzione (la scrittura nasce comunque voce e chitarra) il mio obiettivo era di mantenere la parte acustica ma arricchirla ed evolverla per raggiungere sonorità che sentivo più vicine a me. In quel periodo ascoltavo moltissimo Beck, Alabama Shakes, Ben Howard, riverberi, voci distorte, sonorità cupe e ho cercato di muovermi in quella direzione. Poi, ovviamente, c’è stato il grande contributo dei miei musicisti, Giuseppe D’Ortona e Luca Lepore. Inizialmente anche Pietro Paroletti si è avvicinato e mia ha dato una mano su alcuni pezzi. Poi è arrivato il fonico Daniele Gennaretti che ha dato una decisa “botta” (è stato lui a segnalarmi Sound & Color degli Alabama Shakes). Infine, Marta Venturini che ha chiuso il disco e l’ha sistemato nella maniera più giusta, esattamente quello che un produttore deve fare. Una lavoro di cesello.

In ciò che ti ha portato a Fuori ho apprezzato molto il mantenimento di una tua personalità complessa, senza lasciarti andare a certe logiche pop italiche ormai troppo spesso al limite della ripetitività.
E’ un grande complimento. E’ esattamente quello che ognuno vorrebbe. Bisogna capire in che epoca siamo e avvicinarsi alla “moda” in maniera corretta, ma ascolto questo settore in maniera marginale, senza lasciarmi trascinare dall’hype. Ho seguito anche io delle mode, ma magari altre. Non è un caso che il disco si chiami Fuori e che io sia un po’ un’outsider.

Roma da qualche anno sta diventando una sorta di fabbrica del suddetto hype. Tu che ci sei nato, come l’hai vista cambiare nel corso degli anni relativamente a questo settore?
Io ho un punto di vista positivo. Qualche anno fa c’erano già dei locali che erano quasi dei salotti ed erano punti di aggregazione (Fanfulla, Circolo degli Artisti, Contestaccio) e con il passare degli anni si sono allargati a macchia d’olio. Adesso l’idea che si vada al Monk e suoni qualcuno che non passa in radio o in TV che ma che faccia comunque sold-out è una cosa bellissima che prima non accadeva, salvo rari casi (come i primi periodi dell’Angelo Mai a Monti). Vedo che la gente esce di casa, che è interessata alla musica live e va ad ascoltare concerti, i posti ci sono e la situazione mi sembra complessivamente migliore di qualche anno fa. Nel nostro studio di registrazione (L’albero – n.d.r.) organizziamo dei secret concert dove la gente viene e scopre solo al momento chi sia ad esibirsi e, nonostante questo, abbiamo sempre registrato il tutto esaurito. La gente ci dice che ha sete di musica nuova. Non è importante chi sia a suonare e nemmeno che non ti sia piaciuto perché l’importante è che avrebbe potuto piacerti.

Una reazione all’eccessiva facilità di ascolto, all’estrema reperibilità di qualsiasi materiale tipica di questi anni?
Sì, senza dubbio. Ed è una cosa davvero positiva.

Tre nomi italiani che vale la pena di seguire.
Giovanni Truppi, Motta, Lucio Leoni. Hanno grandissima personalità e anche loro sono, in un certo senso, fuori un certo tipo di hype modaiolo.

Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti live?
Grazie ad una bella collaborazione con BarleyArts abbiamo già nove date in programma e il 12 Aprile saremo a Roma al Lanificio per la presentazione ufficiale di Fuori.

Intervista raccolta da Stefano Capolongo

LE DATE DEL TOUR
12/04/ 2018 – Lanificio 159 – Roma
19/04/2018 – Marla – Perugia
20/04/2018 – Osteria Infinito – Grottammare (AP)
21/04/2018 – Serraglio – Milano (w// Will Varley)
26/04/2018 – Coopera – Putignano (BA)
28/04/2018 – Villanova – Pulsano (TA)
03/05/2018 – Teatro Orione – Roma
05/05/2018 – Tirabusciò – Soveria Mannelli (CZ)
10/05/2018 – Prima Classe – Ragusa

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