rock / blues

Luther-Dickinson_livereport

30 Maggio 2015 – Mojo Station Blues Festival XI
Un vecchio bluesman in acido brucia la crisi dei 40 anni.

Una 3 giorni davvero importante quella del Mojo Station Blues Festival al Monk Club (28, 29, 30 Maggio). 3 giorni in cui i veri e disperati appassionati delle 12 battute (e siamo in tanti, chi l’avrebbe mai detto), hanno avuto modo di incontrarsi, scambiare idee e preferenze ed ascoltare dal vivo ciò che di meglio ha da proporre la scena nazionale ed internazionale.

Dopo il blues in salsa cajun di C.W. Stoneking e le atmosfere del Delta di Watermelom Slim (esibizione quasi commovente per intensità e bellezza), con l’ultima serata si è chiuso davvero in grande stile. Fin dalla partenza l’atmosfera è stata quella giusta, con gli italianissimi Dead Shrimp, trio a base di batteria, chitarra dobro e voce, a proporre una serie di brani autografi in pieno stile country blues, senza però risultare anacronistici: rileggono la tradizione, ma con energia e piglio del tutto personale. Ci hanno convinto e, sicuramente, ne riparleremo su queste pagine.

Che anche l’esibizione di Luther Dickinson (accompagnato dal batterista dei Dead Shrimps) sarebbe stata infuocata, lo si è capito immediatamente, dal suo ingresso sul palco, dalla sua espressione eccitata. Ad imbracciare la fida Gibson e infilare lo slide al dito è stato Luther (42 anni), ma ad attaccare la spina è stato un vecchio bluesman in acido, in un’introduzione che sembrava una versione di Dark Was The Night, Cold Was The Ground elettrificata e dilatata all’inverosimile. Da lì, un viaggio in cui il vecchio Padre Blues ed il suo figliol prodigo, il Rock, s’incontrano ad un crocevia e s’incamminano mano nella mano verso il tramonto.

La permanenza di Dickinson in band come North Mississippi Allstars e The Black Crowes, denota la sua attitudine ‘old school’, di lasciarsi trasportare dalla jam, come gli Allman o i ‘Dead hanno insegnato a diverse generazioni di musicisti. Lo abbiamo visto confermare tale propensione, mentre sudava letteralmente 7 camicie, perdeva gli occhiali ed ingaggiava un dialogo col suo strumento, senza mai ricadere nel solipsismo: ogni nota al suo posto e strettamente necessaria, ogni divagazione della giusta durata, un sound ruvido proprio come piace a noi.

Nella lista del set, Mississippi Fred McDowell (con una sporchissima You Gotta Move ed una corale Shake em’ on Down, nel bis), Bob Dylan (Stuck inside a mobile…), Hendrix e Slim Harpo (una Shake Your Hips che ha concorso in lascivia con quella di stonesiana memoria), passando per Muddy Waters e Little Walter. (Angelo D’Elia)

N.d.A.:

Alla fine di un’esibizione estenuante, Luther è sceso tra il pubblico per dispensare autografi e strette di mano. Noi della redazione di LESTER siamo riusciti a bloccarlo per immortalare il momento e, come potrete notare da una certa immagine sulla nostra pagina di face book LINK a pag facebook, perfino il nostro Direttore (sorta di Ebenezer Scrooge in versione hard rock con una passione allo stadio terminale per i Black Crowes), sorride beato come un fanciullo la mattina di Natale. Magie della musica!

Photo by Marco Mancini / www.marcoshoots.com

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