southern metal
Helligators
Il gruppo romano si riconferma con pochi eguali sulla scena cittadina
Averli visti al Planet lo scorso 19 giugno, in occasione della presentazione ufficiale del nuovo, roboante Road Roller Machine, è stata la conferma di cui si aveva bisogno, perché la prova live è la verifica sul campo, quella senza scuse o rimandi.
Dopo le prime due ‘notifiche’ di ARTISTA DEL MESE assegnate a 2 cantautori, Livia Ferri e Alessio Bondì, stupendi incontri agli inizi della nostra ‘saga’, si faceva vitale un ritorno agli istinti primordiali: i romani purosangue Helligators ci hanno dato proprio ciò di cui avevamo bisogno.
La nuova pubblicazione è ottima perché le canzoni valgono; una personalità acuta attutisce alcuni deja-vu sparsi lungo lo svilupparsi dei pezzi (ma, Anno Domini 2015, è quasi impossibile non averne…), l’affiatamento è evidente, la compattezza è assicurata dall’esperienza e un vigore sincero: non annoia, no.
L’opera ha un sound moderno ma ciò non priva il risultato di aderenza alla realtà, la produzione è abbastanza cruda da risultare in your face ma nemmeno tanto cristallina da rasentare il ‘sibilo’ moderno, piena, non piatta, come lo stampino uguale per tutti, tipico delle ultime produzioni in ambito metal.
Proprio un’attitudine metal contraddistingue i loro passaggi (musicali, ma anche ‘fisici’… – N.d.R.), sia la resa sonora, come si è appena detto, sia le vibrazioni musicali, però, ci suggeriscono che l’anima è sporca di blues, arroventato, ovvio.
È rock ‘n’ roll, così come ci è stato tramandato dai Motörhead, probabile stendardo del gruppo. Ma gli Helligators non temono di giocare un po’ di più con la melodia: deliziosamente viziati dalla prima voce, aspra, di Hellvis, i cori sono capaci di strizzarti l’occhio mentre infliggono lividi sparsi. Per questo ci hanno ricordato anche i bei tempi di Crank degli Almighty. Scream, She Laughs e Bad Ass – irresistibili – ne sono un chiaro esempio, con l’incrocio di 3 toni vocali differenti nei ritornelli, ognuno a suo modo efficacissimo, assoli centrati e torrenziali, abbastanza variegati come sono anche il resto degli arrangiamenti di El Santo e Kamo.
Il live ha dato ragione di tutte queste impressioni. Helligators, fieri di voi. (B.B.)
N.B.:
Road Roller Machine, secondo del gruppo dopo Against All Odds (2011), è il lavoro che non t’aspetti se conosci un po’ la storia del gruppo, o se sai a priori che è di Roma. Se conoscessi l’età media dei membri del gruppo – edificato sull’amicizia – , di certo non alle prime armi, non ti aspetteresti tanta determinazione, eppure, se si ha ancora tutta questa grinta, è il caso di trarne tutti i benefici possibili. A conti fatti, con un’opera di questo livello, il gruppo romano è più che esportabile oltre i confini nazionali. Ciò è conferito anche dalla qualità della produzione, in senso ampio. Ciò è anche l’altro motivo di sorpresa di cui si diceva all’inizio, stavolta poco simpatico: non t’aspetteresti un disco così ben fatto, sapendo a priori che il gruppo è di Roma, per la solita ottusa, inconscia convinzione che un lavoro italiano non possa competere all’estero. Cominceremo a cambiare atteggiamento? Vi va di farlo insieme? Dai, se volete possiamo prenderci per mano… (B.B.)
Road Roller Machine
(Sliptrick Records, 2015)
TRACKLIST
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