ROCK / CINEMATIC SLUDGE
Juggernaut – foto di Laura Penna
Animo quieto e Inquieto vivere
di Antonio Perruggino
RECENSIONE – I Juggernaut, liberi dal vincolo lirico del loro primo album, con Neuroteque, uscito per la Subsound Records, continuano il percorso di studio e ricerca iniziato con Trama, loro secondo album.
La necessità di voler evidenziare a tutti i costi un netto taglio tra le composizioni del primo album, Where Mountain Walk, caratterizzato dalla presenza di un cantato scream e growl, con i successivi Trama e Neuroteque, dove l’assenza della voce viene compensata da un più meticoloso lavoro compositivo, è frutto di un poco dettagliato ascolto degli stilemi musicali che da sempre caratterizzano la band.
La riconoscibilità e le peculiarità espresse dai Juggernaut, non sono influenzate dalle presenza o meno della voce. La presa di coscienza di sé e di come sia progredita la cellula embrionale che li spinse a creare musica, sono gli elementi cruciali che hanno liberato la band da stereotipi musicali che avrebbero potuto imbrigliare il processo creativo.
Esiste una trama, un filo conduttore che lega i tre album, un ecclettismo compositivo che ha spinto la band a esplorare altri mondi paralleli a quelli del metal sin dal primo album – Flamingoes ne è chiara testimonianza.
Sia in Trama che in Neuroteque, il punto di forza al servizio dell’atto compositivo è la fermezza nell’elaborare un linguaggio riconoscibile come mezzo attraverso cui esprimere le proprie eterogeneità musicali.
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Evocata dall’uomo, si sprigiona la forza inarrestabile dello Juggernaut. Nevrosi psichedeliche che raccontano paesaggi sonori scuri e profondi, tessono trame musicali nelle quali convivono, in armoniosa distensione, animo quieto e inquieto vivere.
L’album è frutto di un meticoloso lavoro d’epurazione dell’istinto che contempla genuinità e rigore, uniti da una produzione di qualità. Ipnonauta ne è la summa. Come da marchio di fabbrica embrionale, non mancano esplosivi controtempi, martellanti e ossessivi, arpeggi profondi e tetri, carichi di reverberi trasognanti incubi, uniti a synth tipici della cinematografia horror Stracult che ricordano le composizioni di Fabio Frizzi. Gli intrecci compositivi ricordano le dimenticate band del prog italiano, ma con una ventata di fresca modernità che cala i Juggernaut perfettamente nel nostro tempo.
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Non una spasmodica e ossessiva voglia di internazionalizzazione che potrebbe offuscare la propria personale identità, ma la tenacia di vivere il proprio territorio, accomuna i Juggernaut a band come Bologna Violenta, Lili Refain, Ottone Pesante, Zu, Ornaments, Ufomammut.
Con quest’ultima uscita, la band romana può essere riconosciuta a pieno titolo come band strumentale che per attitudine compositiva e italianità è equiparabile ai Calibro 35, anche se con una più pronunciata attitudine black che sta a metà strada tra Opeth e Russian Circles.
Neuroteque è un album sicuramente interessante per ascoltatori fuori dagli schemi e dalle logiche del mercato canzoni/confezioni. Live da non perdere!
Juggernaut – “Neuroteque”
(Subsound Records, 2019)