POP / WORLD MUSIC


Randevu

Niente è veramente impossibile

di Stefano Capolongo

RECENSIONE – È difficile, per chi non sia stato già inglobato dalle barbare logiche divisive della politica contemporanea, restare indifferenti davanti a semplici e spontanee manifestazioni di cooperazione, sincretismo culturale, interesse umano o armonia nelle diversità. Altrettanto difficile (ma è quello che proveremo a non fare) risulta non investire l’eponimo album d’esordio dei Randevu di una carica politica progressista e di resistenza strenua.

Due romani (Luca Romano e Francesco Ferrarelli) e una franco-nepalese (Sissou Gurung) tratteggiano 9 tracce libere da schemi e frutto di intuizioni, movimenti armonici e risonanze interiori sostenute dalle singole esperienze a fare da fil-rouge. Non è un caso, quindi, che la band abbia scelto di citare Rollo May in apertura di comunicato stampa, ribadendo fermamente una forte volontà di non omologazione: ma nessuna piaggeria, quanto piuttosto la dimostrazione di una grande e solida personalità.

Addirittura salutare risulta poi, in un paese che permette nascano polemiche di natura razziale intorno al vincitore del suo principale festival musicale, ascoltare lingue, generi diversi e parole che raccontano di quanto l’amore possa rappresentare una rinascita e di quanto esso sia, sempre, una sfida vinta. Sunflower, traccia incastonata al centro del lotto, è la realizzazione di quanto detto finora:

“Seasons are changing to gold / you’re my awakening and my soul / is getting so close to your soul / a kind of religion with no god”

e da essa si dipanano a raggiera esperienze diversissime tra loro. Dalle atmosfere bossanova (Sentir la vie), si passa in scioltezza ai ricordi di Jane Birkin (Assise par terre) o degli Sterolab (Follow me), per arrivare a vagheggiamenti che ricordano addirittura l’ultimo Steven Wilson (Wolves).

Il mix, che si avvale di una produzione egregia (l’album è stato masterizzato agli Abbey Road Studios), non stona mai, ma fa delle diversità l’elemento che impreziosisce un’idea così art-rock da sembrare ultramoderna. Nell’incontro e non nelle divisioni è la chiave per osservare il futuro e i Randevu lo dichiarano a chiare lettere in Gipsy, traccia-simbolo dell’intero progetto:

“Il y un reine gitane, elle nous ouvrira les portes du monde, de ce monde, de ce monde un peu caché, où tout semble impossible, cependant, rien ne l’est vraiment”.

Un inno alla speranza e un occhio lanciato su un futuro che, per una volta, sembra meno oscuro.

Randevu – “Randevu”
(Bassa Fedeltà, 2019)

 

Randevu – Opera di Marco Proietto

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