I DIARI DELLA KORATELLA #3


Artwork di Francesca Dicursi

I DIARI DELLA KORATELLA – Rubrica a tempo determinato a cura di Freddie Koratella

 

Leggi la seconda puntata I diari della Koratella #2


RUBRICA
Scrivo da Punta del Este, a nord di Montevideo. Mi trovo in un’altra nazione e la caliente estate verdeoro qui è un tiepido ricordo. Dall’ultima volta che ci siamo sentiti sono infatti passate diverse settimane. Arrivi mixati con partenze. Poltrone diventate letti. Pavimenti trasformati in palchi. Giornate intense vissute in totale libertà di movimento: come cantava il buon Tenco, Lontano Lontano da quella ‘settimanalesca’ routine a cui ero abituato da anni. Libero di perdermi passeggiando a caso o di sentirmi a casa anche cambiando continuamente stanza. Un lungo peregrinare che mi ha insegnato ad andare sempre avanti, comunque: che qualcosa si incontra o qualcuno ti aspetta.

Molte cose si muovono al contrario delle nostre: se nel vecchio continente sboccia la primavera (?) qui si diffondono i primi sintomi dell’autunno. Ciò che per noi è scontato, nel ‘novo mondo’ è un lusso per pochi; tutto quello che per noi è complicato, oltreoceano diventa drasticamente facile. Ho capito, infatti, che il Sud America ha uno strano potere: ingurgita tante delle sue contraddizioni con estrema beleza e brutale naturaleza.
Nel Bene. Nel Male. Comunque.

È continuato così il mio viaggio vinilico: trapassando il Brasile, sconfinando in Uruguay e traghettandomi poi in un veloce blitz argentino. Ma, come al solito, andiamo con calma.
Venerdì 15 marzo saluto definitivamente Sao Paulo alle prime luci dell’alba. Dopo una notte effervescente al Caffeine Studio salgo su un bus diretto a Maringa nello stato di Paranà. Dopo l’ennesimo infinito viaggio sono ospite di Gustavo degli Old Skull Guz che mi ha invitato a mettere dischi al Old Skull Fest, sabato 16 marzo. Scopro che in città c’è Melomano Discos, roccaforte vinilica paranense. Mi fanno ascoltare Tim Maia e la mia vita si arricchisce di un altro genio maledetto. Il Festival si svolge in un hangar nella zona industriale e tra i nomi in cartellone c’è anche Chuck Violence, altra leggenda del monobandismo sudamericano che non ho mai visto dal vivo. Il suo spettacolo mi gusta parecchio: un concentrato di Bob Log III in versione ridotta.

Ho modo di parlarne proprio con lui il giorno dopo, durante un piacevolissimo viaggio in macchina verso la capitale Curitiba. A buio inoltrato arriviamo a casa di Marcos, organizzatore dell’Antonina Blues Festival e ideatore del Monobanda Festival di Antonina: le premesse per masticare la stessa lingua ci sono tutte. Scoprirò un personaggio fantastico che con la sua generosa ospitalità mi ha trattato come uno di famiglia. Vivrò infatti a casa sua tutta la settimana seguente, aspettando che da queste parti arrivino i Thee Dirty Rats. Nel frattempo mi aggiro per Curitiba; non è certamente la città più bella che ho visto, ma è tra le più affascinanti. Ecosostenibile e verdissima con i suoi parchi, le piste ciclabili e le aeree pedonali. Culturalmente avanzata con librerie, negozi di dischi – su tutti Joaquin, a poca distanza dal Mercado Municipal – e il gioiello del museo Oscar Niemeyer. In ultimo, ma non in ordine di importanza, città di origine di Klaus Koti, artista a tutto tondo: cercate O Lendario Churcrobillyman, Os Penitentes e Wifi Kills, non resterete delusi.
Ho come l’impressione di una città in cui si viva molto bene. Con Marcos ci si impantana sempre a suon di cachaca sul monobandismo e spesso sulle storie di emigranti in Sud America. Memorabile la nostra visita a Colonia Cecilia: quattro anni di sogno Anarchico. Dal 1890 il Made in Italy che mi piace.
Arriva così il fine settimana e arrivano i Thee Dirty Rats.  Il venerdì parte una macchina con i due topi sporchi, il sopracitato Koti, me medesimo e Mr. G, fantomatico personaggio della Monster Mash Records. Direzione Mercato Pirada in Balenario Camboriu’. Aprirò le danze per il live del duo di Sao Paulo, ma una volta al locale scopro che funziona solo un giradischi: per la prima volta faccio un dj-set molto radiofonico presentando i pezzi al microfono mentre li cambio. Esperienza divertentissima. La serata finisce tardi e il giorno dopo siamo di ritorno a Curitiba dove sono previsti i live dei Dirty Rats e dei Wifi Kills alla Casihna e il seguente after-party alla Casa Luz del Fuego. I Wifi Kills mi impressionano di brutto con il loro show: sembra di vedere i Devo sotto effetto speed; spero proprio vengano presto in Europa. A spettacolo finito ci si sposta nell’altro locale, anche se sarebbe più corretto dire nell’altra casa. Inizia il mio dj-set che incendia chi è disposto ancora a far festa; non sono pochi. Metto i dischi prima e dopo il live delle Jaguatricas, che si tiene in uno scantinato dove riesco ad entrare a mala pena abbassando la testa: alla faccia di tutte le norme di sicurezza che tartassano tanti locali a Roma. Andiamo a dormire con la luce del giorno, distrutti da una due giorni veramente elettrizzante.

Con la fine della settimana termina anche la mia esperienza a Curitiba: con un bus notturno scendo verso Florianopolis, isola magica, capitale dello stato di Santa Caterina. Qui il 27 di marzo ho un dj-set prima del live di O Lendario Chucrobillyman all’On the Road Hostel. I giorni passati in downtown non mi fanno impazzire: il centro città è infatti caotico di giorno e deserto di sera. Quando arrivo all’ostello nella spiaggia di Campeche capisco invece perché molti brasiliani si trasferiscano qui: Floripa è un paradiso terrestre. Arrivata l’ora di mettere i dischi la situazione si scalda in un attimo; diventa incandescente con il concerto del O Lendario. Lui, anche a distanza di anni dal suo show al Monk, conferma di essere il migliore Uomo Orchestra che abbia visto in azione; peccato che Pilarzinho Rough Ballads, il suo nuovo disco, sia uscito dopo il nostro ultimo incontro. Cercherò di rimediare presto.

Il mio soggiorno qui dura più del previsto, fino a quando non sento che è il momento di andare a Praia do Rosa. Non ci sono parole per descrivere quello che ho la fortuna di ammirare per un paio di giorni. Forse uno dei posti più belli visti in vita mia. Spiagge incantevoli e stradine sterrate. Il paesino è semideserto perché, in fin dei conti, è già iniziato l’autunno: indimenticabile la camminata e l’arrivo a Praia do Luz, completamente vuota. Uno spettacolo della natura.

Il tempo passa e non aspetta nessuno: continua così la mia discesa verso il sud che mi porta a Porto Alegre, capitale dello stato del Rio Grande: ultima tappa prima di sconfinare in Uruguay. La città mi piace parecchio. Non ho serate qui e faccio il turista girandomela in lungo e in largo.
Mentre vagabondo scopro Toca do Disco: fantastico negozio di dischi in zona Bom Fim, dove spendo le ultime ore e gli ultimi reais. Proprio passeggiando in questo quartiere residenziale. il Brasile mi ricorda che non bisogna mai sottovalutare la sua pericolosità. Sento due botti in lontananza ma non ci faccio troppo caso. Poi un altro in avvicinamento. Urla. Gente che scappa. Mi volto e a pochi passi da me un tipo fa partire un altro colpo. Mi butto sotto una macchina. Ho paura. Poi altri botti forti come non ne ho mai sentiti. Respiro per la prima volta in vita mia l’odore della polvere da sparo. Ho paura. Il tipo scappa prendendo in ostaggio un motociclista. Io, tempo di realizzare ciò che è accaduto, scappo con il cuore in gola; mi chiudo in un bar e mi scolo tre birre come se fosse una!
Il mio ultimo giorno brasiliano è stato veramente scoppiettante. Nonostante tutto nel momento di salire sul bus notturno che mi farà svegliare in Uruguay, mi si stringe lo stomaco: “Mi mancherai”; ora capisco un po’ meglio quella strana malattia di cui tutti i calciatori ‘brazileri’ soffrono mentre sono al gelo europeo.

Il 5 aprile metto per la prima volta piede a Punta del Este: ad accogliermi ci sono The Amazing One Man Band  e Gipsy Rufina. Il monobanda mascherato sarà colui che mi ospiterà in questa mia lunga parentesi celeste. Il giramondo reatino invece sta facendo il mio stesso percorso – ma al contrario – insieme a Stinkie, strega punk-folk belga.
Fino alla mia partenza i tempi e i ritmi saranno scanditi inesorabilmente dall’erba che qui è legale nel possesso e nel consumo. Le differenze tra i due paesi sono visibili da subito, nella lingua, nei colori e negli spazi. Tutto sembra più europeo. Dopo una settimana di ambientamento, arriva il momento di tornare a mettere i dischi. Venerdì 12 aprile siamo al Rebel di Cannelones con i Los Irakies e The Amazing OMB. Il mio primo approccio vinilico con l’Uruguay non è proprio dei migliori: in un locale semivuoto le mie selezioni italiche vengono oscurate per far spazio ai Gorillaz. Incazzatura iniziale a parte, mi convinco che tutto fa esperienza. Mi godo lo show dei Los Irakies, ma quando è il momento di Amazing OMB, l’ampli si rifiuta di funzionare e il suo show non fa in tempo a iniziare che è già finito. Serata storta da tanti, troppi punti di vista.

Il giorno dopo va decisamente meglio a Sauce. Il Centro de Artes Escaparate che ci ospita è uno di quei posti magici che starebbe bene ovunque. Serata che prevede la battaglia tra le mie due vecchie conoscenze in mono El Monstruo Azul & The Amazing OMB e i superlativi Los Dinamicos che se la ‘surfeggiano’ anche senza onde. Metto i dischi prima, durante e dopo e sembra anche che qualcuno si diverta: dopo lo sconforto del giorno prima, era proprio quello che mi ci voleva.
La mia permanenza uruguayana va avanti tra soggiorni a Montevideo e lunghe soste nella tana del mio mecenate. La capitale è attraente come quelle donne che più frequenti più ti sorprendono; se decidete di farvi conquistare, prendete alloggio allo Splendido Hotel, proprio di fronte al Teatro Solis. Sarà come prendere la macchina del tempo e tornare negli anni ’40. Fermatevi nei tanti caffè a riposarvi dopo una bella passeggiata. Su tutti vi consiglio il Bar Andorra, il Bar Montevideo Sur e il Tundra Bar, dove la sera c’è sempre qualcosa da vedere. Tutti nella zona tra la città vecchia e la rambla. Se poi ci metti la 37esima edizione del Festival CinematograficoInternacional del Uruguay – che apre i porti ai diritti umani -, per me diventa una città indimenticabile.

Tra la fine di aprile e i primi di maggio continuo a scendere fino in Argentina mettendo un altro timbro sul passaporto. Arrivo a Buenos Aires in traghetto per un blitz portegno di qualche giorno prima di tornare in Uruguay per la mia partenza definitiva. Qui ho due serate a Casa Colombo in centro città e al Tio Bizarro in quel di Burzaco; ho il piacere di rincontrare un’altra vecchia conoscenza del monobandismo sudamericano: Trash Colapso. Le due serate sono molto simili e vedo suonare un’infinita quantità di gruppi (per i miei gusti pure troppi); segnalo Rigor Mortis – di cui acchiappo uno split con Tarabush in tiratura limitatissima – Union Sovietica e Encias, questi ultimi giovani e cazzutissimi. Menzione speciale per Pirulo, dj e boss della Rastrillo Records: tra simili ci si annusa subito anche con migliaia di km di differenza.

I primi di maggio, terminato il mio tour vinilico, sono di nuovo a Punta del Este, aspettando la mia definitiva partenza. Non è facile tenere a mente tutte le persone da ringraziare in questi mesi sudamericani; in questo periodo ho fatto il pieno di esperienze. Sono stato una spugna; non solo alcolica. Ora che il mio ritorno si avvicina, ogni volta che vedo un aereo sorvolare sulla mia testa ho sempre un brivido.
Tornare indietro non sarà semplice.

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