MONOBANDA

“Each of us is living his own weird journey”

 

di Angelo D’Elia

Bonny Jack (foto by @vaibisnaga)

“A bad B-Movie”, così ci viene annunciato, dalla voce altisonante di quello che sembra un imbonitore da fiera o lo speaker di un rodeo, ciò che stiamo per vedere. Definizione più che appropriata, perché le strade, i locali, i luoghi ed i personaggi filmati non sfigurerebbero assolutamente in una produzione di Roger Corman o in un film di Rob Zombie (per rimanere un po’ più moderni), ma senza quel malsano senso d’inquietudine che li caratterizza, anzi…

Matteo Senese alias Bonny Jack, ci fa l’onore, in questa sede, di presentarci in anteprima una vera e propria chicca: un resoconto filmato del tour che, quasi un anno fa, lo ha visto girare in lungo e in largo per il Brasile (posto in cui la scena monobanda è particolarmente florida) insieme ad altre leggende del luogo. Questi personaggi, su un font da spaghetti western, ci vengono presentati in maniera stilizzata ed iconica, quasi come fossero i personaggi di un picchiaduro (beat em’up, per i gamer più intransigenti), e duro li vedremo picchiare per davvero perché, come sappiamo, anche un uomo solo può fare tanto rumore.

Quello che esce fuori da questi 11 minuti e rotti è un road movie sgangherato, storto, rozzo, zozzo e ad altissimo volume: in parole povere, rock n’ roll! Le riprese sono fatte con mezzi di fortuna, la qualità audio non è delle migliori, ma questa natura così grezza delle immagini a cui assistiamo, in qualche modo aderisce perfettamente alla materia trattata, all’ideale del one man band che, anche se con pochi mezzi, ha l’urgenza di mettersi in cammino per il mondo ed esibirsi, perché non potrebbe (e non vorrebbe) fare nient’altro nella vita.

Da sin: D. Selvagi, Xtreme Blues Dog, Bonny Jack, Big Bull and His Selfish Band, Chelo Lion and His Yellow Fingers

Noi che abbiamo sempre cercato di raccontare questo mondo meraviglioso e folle guardandolo da fuori, finalmente abbiamo un controcampo dall’interno, e lo sguardo di Matteo Senese è estremamente benevolo e partecipe. C’è qualcosa di familiare nel susseguirsi di strade, case, locali in cui ci sembra di essere già stati, nelle riprese a bordo del tour bus, negli abbracci prima, durante e dopo i concerti, nell’innumerevole (davvero innumerevole!!) quantità di birra inquadrata. E quando sul bus che parte e si allontana campeggia la scritta The End, sentiamo già che quella combriccola di spostati ci mancherà e vorremmo continuare il viaggio insieme a loro.

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