cantautorato
Alessio Bondì.
Nudi di fronte al talento: Sfardo, un esordio fuori dall’ordinario.
Alessio Bondì, in un batter d’occhio, ha aggirato il problema della lingua, scelta su cui ci si divide da qualche generazione; fra l’inglese che è più musicale e facilita l’accesso in campo internazionale, l’italiano che ha una certa dignità e offre soluzioni peculiari, il giovanotto in questione ha scelto il siciliano. Come a dire anche che, dopotutto, mica l’inglese lo capiscono tutti e in quanto a musicalità, l’esito è addirittura sorprendente.
Bondì è siciliano oramai romano d’adozione (da alcuni anni stabilmente), come i tantissimi che contribuiscono a foraggiare il cosmopolitismo doc della Capitale, quello che rende unica la nostra città, da Sindrome di Stoccolma, perché non si cancellano le radici ma si avalla goduriosi la posizione di ‘ostaggi’.
Come rapisce Roma, quindi, così ne è rappresentativo il ‘siciliano’, anche solo perché le sue composizioni più sentite possono prosciugarti nell’arco di pochi minuti. Come non rimanere rapiti da In Funn’o Mare o Rimmilu Ru’ Voti, di una densità straordinariamente coperta solo da voce e chitarra, apici di un’opera prima, Sfardo, che promette tanto e tanto già mantiene, capace di farsi afferrare oltre l’ostacolo del siciliano.
In verità, la forza onomatopeica e la fluidità quasi inaspettata di questo dialetto, si prestano ad un incantevole lirismo, sufficiente a decantare tanto le doti vocali di Bondì (qualcuno ha scomodato persino Jeff Buckley…), quanto il pathos di talune sue linee melodiche, semplici ma di una linearità che va a fondo. Questo disco, con pochi altri (Livia Ferri, un altro isolato esempio), potrebbe davvero ridare dignità ad un modo di intendere la musica, il cantautorato, ultimamente inflazionato e pregno di volgari impostori. La ‘semplicità’ è la cifra stilistica dell’autore di Sfardo, come per molti altri colleghi simili, con una fondamentale differenza: ciò che nelle mani di Bondì, spoglio di artifici, aumenta di intensità, in altri mette solo a nudo una totale idiozia, preoccupante nella misura in cui alcuni new cantautori stanno ricevendo consenso. Troppo.
Sfardo sa di filastrocche e melanconici abbandoni, di piccole iniezioni funk e processioni, senza il bisogno di citare il Capossela orchestrato, senza rinunciare ad un sostrato d’ironia, è folkloristico, sì, in un’accezione piena e matura del termine. Non tutto è completamente riuscito, ma risulta comunque funzionale a stampare un definito biglietto da visita, noi lo preferiamo nei suoi toni minori, come i due citati sopra o anche Es Mi Mai e la canzone che dà il titolo all’album. Il fatto è che Alessio Bondì non sembra interpretare una parte. Dovessimo sbagliarci, sapremmo dove trovarlo. A Roma. (Pietro Doto)
N.d.R.: A 25 anni, con una breve esperienza come attore ma soprattutto una lunga serie di concerti già alle spalle, nel suo curriculum Bondì riporta anche il progetto A Santa, con la cantautrice brasiliana Nega Lucas e il Premio De Andrè come benedizione.
Sfardo
(Malintenti Dischi/800A Records, 2015)
TRACKLIST
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