FOLK ROCK
Ardecore (foto di Daniele Bianchi)
Brucia Roma!
Un ritorno in pompa magna, a sette anni dal precedente Vecchia Roma
di Angelo D’Elia
Roma sta bruciando! Sembra proprio che nella Città Eterna il retaggio di Nerone tenda a ritornare ciclicamente, in maniera quasi endemica. Una mano oscura, segreta ed invisibile si abbatte di nuovo su Roma, stringendola in una morsa sempre più stretta e soffocante. Come una piaga biblica, una nube tossica oscura il cielo, sembra quasi l’Apocalisse e sotto quel cielo, a guardare verso l’alto, il popolo di questa città, marcia e santa allo stesso tempo, che prega, inveisce e bestemmia, e soprattutto resiste.
Ad accompagnare questo scenario funereo, le atmosfere sulfuree e sature di presagi ed elettricità di quest’ultimo disco degli Ardecore ci sembrano davvero il sottofondo più adatto. Un ritorno in pompa magna, a sette anni dal precedente Vecchia Roma, per quella che più che una band, possiamo considerare un vero e proprio collettivo di musicisti, in continua evoluzione. Una galassia che ruota intorno all’estro di Giampaolo Felici, vero e proprio motore pulsante del progetto, capace come nessun altro di radunare attorno a sé il meglio della scena underground capitolina e non solo, e di coinvolgerli nell’intento comune di recuperare la tradizione romanesca in maniera filologica, ma ibridandola con sonorità sporche e spigolose, a volte anche disturbanti, rimasticandola e tirandone fuori un qualcosa di unico e fuori dagli schemi, totalmente al di fuori da logiche meramente commerciali (perché con il romanesco simpatico e sornione, si sa, sono anni che ci si campa bene, ed in molti…).
Con 996 Le Canzoni di G.G. Belli – Vol.1 gli Ardecore si trovano ad affrontare un monolite, un vero e proprio monumento alla romanità, il cantore che forse più di tutti ha saputo tramandare un’immagine di Roma scolpita nei secoli, con uno sguardo che coniuga perfettamente alto e basso, sacro e profano, santi e puttane e lo fa facendo partire quello sguardo proprio da quello che, al di là delle sue cupole e dei suoi colonnati, è il vero valore aggiunto di questa città: il suo popolo, fotografato nella sua miseria, nella sua grettezza, nelle sue antiche credenze. Affrontare il corpus di Gioacchino Belli e donargli nuova linfa è un’impresa non da tutti, ma Felici riesce nell’arduo compito circondandosi di musicisti dalle influenze più disparate, ma che funzionano come una vera e propria orchestra. E proprio come in un’orchestra, questi otto elementi viaggiano in armonia verso la stessa direzione, ognuno con il proprio retaggio, ma tutti al servizio di una musica ondivaga e totalizzante.
L’iniziale Campo Vaccino stabilisce già le coordinate: una marcia funebre, un urlo di dolore, guidata da trombe e tromboni morriconiani che scavano solchi desertici tra le strade della città, quasi come se i Calexico fossero entrati magicamente in studio di registrazione. Er Decoro svela invece l’anima più blues del progetto, col suo andamento lento e strascicato, e che permette alla chitarra di Adriano Viterbini (alle chitarre in tutto il progetto insieme a Geoff Farina, come sempre anche lui della partita) di lanciarsi in lancinanti sperimentalismi sonori. E quel blues si dilata nella seguente La Poverella, in un gospel sospeso che monta lieve ed inarrestabile, seguendo le rotte tracciate dagli epici crescendo di Jason Pierce e dei suoi Spiritualized. Non mancano episodi più caustici, come la tarantella sghemba de L’Arribartato, o la furia sanguigna da combat folk de Er Zagrifizzio d’ Abbramo (il singolo di lancio).
Bisognerebbe citare tutti pezzi in scaletta, ognuno con una sua peculiarità, arrangiati in maniera impeccabile e suonati con misura e cura maniacale per il suono, da musicisti di livello superiore (anche Jacopo Battaglia e Massimo Pupillo degli ZU fanno parte della formazione, tanto per citarne alcuni), ma diverrebbe un esercizio sterile. Questo disco va ascoltato fino all’ultima nota, e dovete permettergli di possedervi, come con il maleficio di una strega, così che possiate anche voi alzare gli occhi al cielo ed urlare pregare bestemmiare.
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