Stoner Rock

Black Rainbows

Black Rainbows – Photo by Simone Bureca

Chi vuole un po’ di anni ’70 in pieno volto?

Essere ‘Seventies’ è facile dal punto di vista stilistico: bassi abbondanti, conditi da linee dure e decise, amalgamate ben bene da quella giusta dose di distorsione al sapore di stordimento. Tra i fautori di questa strizzata d’occhio ai Settanta, i Black Rainbows, fenomeno stoner tutto romano che con Stellar Prophecy (Heavy Psych Sounds Records) è alla quarta fatica discografica, si prefiggono di confermare un piccolo meritato impero personale, parliamo infatti di una band che ha già solidificato il proprio status, che ha trovato già un posto al sole nel panorama discografico romano (a livello di touring anche in Europa) e che, a differenza di tanti altri nomi, ha le idee chiarissime su dove collocarsi e perché.

Solidità. Una parola che aleggia costante alle spalle del concept della band: dal trio, come scelta espressiva, fino ad arrivare alla base ritmica dei pezzi, netta, senza fronzoli, un treno in corsa verso l’apparato uditivo. Se, però, si è alla ricerca di un’esperienza sonora rinnovata, di formule accattivanti, di sperimentazioni argute, in quest’ultimo record non se ne trovano granché.

Ciò che nasce dritto non può curvare tanto facilmente e difatti il gruppo, carico di questo bagaglio di sicurezze (anche a livello di consensi), si adagia sule stesse formule dei dischi precedenti (Hawkdope il titolo del penultimo) e ripropone esattamente gli stessi stilemi già sperimentati, evitando per di più un cambio di concept.
Per la tutta produzione troviamo costanti le stesse linee di basso (Dario Iocca) e batteria (Alberto Croce), pesanti, orizzontali, cariche di staticità. Quasi uno sfondo di cartonato per le recite teatrali, mai veramente incisivo, quasi timido, rispetto alle reali capacità degli attori protagonisti.

La band si scontra, di fondo, con una montagna infinita di pregressi storico-discografici. Difficile distinguere l’inizio di Woman da quello di War Pigs dei Sabbath, oppure l’incedere portentoso di Evil Snake dallo stesso giro di accordi di Woman dei già più recenti Wolfmother. Per non parlare dei rimandi superficiali a pietre miliari quali Kyuss e Rob Zombie (! – n.d.r.).

Interessanti le due suite, Golden Widow e The Travel, utili per dilazionare gli spunti compositivi e provare a buttare giù più sperimentazioni possibili, andando controtendenza rispetto ad un canovaccio già collaudato. L’esperimento riesce a metà: risulta difficile arrivare alla fine del minutaggio senza essere confusi (in senso negativo) e riuscendo a cogliere a fondo la direzione che l’artista ha voluto dare al pezzo.

Non che i Rainbows non siano competenti in ciò che fanno: la precisione esecutiva e la godibilità del prodotto finale si respirano in ogni meandro del disco, lasciando l’ascoltatore quasi sempre ‘scapocciante’ e soddisfatto. I predecessori di Stellar Prophecy parlano chiaro a tal proposito: difficilmente la band non coglie il centro.
Il pregio migliore del disco è il dimostrarsi credibile. Nessuna delle tracce assume i tratti di una macchietta. I Rainbows non inventano nulla, ma nemmeno scadono mai in una mera opera di imitazione.
Come detto all’inizio, il piccolo impero creato non è in discussione. (Daniele Dominici)

Ascolta il disco Stellar Prophecy
(Heavy Psych Sound, 2016)

  1. Electrify
  2. Woman
  3. Golden Widow
  4. Evil Snake
  5. It’s Time To Die
  6. Keep The Secret
  7. The Travel

Formazione:
Gabriele Fiori: Voce, Chitarra
Dario Iocca: Basso
Alberto Croce: Batteria

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