PSYCH ROCK


Black Snake Moan (foto di Stefano Dili)

Viaggio al Termine della Notte

 

di Angelo D’Elia

Un percorso di rivelazione, un viaggio verso la luce, perso tra le pieghe del tempo e dello spazio. Queste le impressioni che scaturiscono immediatamente dopo l’ascolto di “Lost In Time”, terzo LP a firma di Marco Contestabile in arte Black Snake Moan. Un percorso con una rotta ben precisa, un punto di arrivo, un processo di cambiamento e maturazione compiuto: il serpente, strisciando fuori dalle dune del deserto notturno, completa la sua muta, cambia pelle e diventa una creatura alata che si libra verso il cielo e le assolate coste dell’oceano.

Siamo stati testimoni del cammino di Marco Contestabile fin dagli esordi e quindi possiamo affermare con cognizione di causa che questo suo ultimo lavoro è, sì, un compendio di tutte le energie ed influenze che animano il progetto Black Snake Moan, ma è anche un deciso sguardo verso il futuro. Mai in precedenza il suono è stato così denso e stratificato, frutto di un lavoro in studio quasi maniacale, e certamente all’esito definitivo del disco ha contribuito la sua precedente esperienza in tour come bassista di una band alfiera del genere come i New Candys. Tutto suona più grosso, potente e definito.
A partire dall’iniziale Dirty Ground, oscuro garage rock in odor di Black Angels, o nella successiva Light The Incense, dove il raga indiano si sposa ad insolite ed inedite percussioni elettroniche. In Come on Down le tastiere di Gabriele Ripa si prendono la scena e ci dimostrano quanto l’influenza dei Doors siano una costante nel mondo di BSM. Shade of The Sun è una delizia, una morbida cavalcata verso il tramonto, dove la psichedelia è intesa non come straniamento ma come contemplazione, con la stella polare dei Brian Jonestown Massacre ad indicare la via.

Posta (non a caso) al centro della scaletta c’è Sunrise, il pezzo che divide in due il disco, che funge da transizione dall’oscurità alla luce e che sancisce la collaborazione tra BSM e Roberto Dellera. Due spiriti affini, un incontro benedetto dal destino il cui risultato è questa piccola gemma di psych-pop, a cui Dellera dona la sua voce soave ed inconfondibile ed un gustoso giro di basso groovy.
Da qui in poi, le atmosfere si fanno solari e distese e si avverte un senso di pace diffusa. Goin’ Back si concede addirittura un ritornello in maggiore, Put Your Flowers si regge interamente su un arpeggio jingle jangle che chiama a gran voce Roger Mc Guinn, West Coast Song sembra uscire direttamente da If I Could Only Remember My Name di David Crosby, con Cross The Border si ritorna dalle parti del raga, con tanto di tablas e chitarre ascendenti, per chiudere il viaggio con un tocco mistico.

Non è uso di chi scrive nominare tutte le tracce di un disco, ma questo è per rimarcare il fatto che questo lavoro ha una varietà di scrittura e di sonorità che va scoperta ascolto dopo ascolto, perché il lavoro che c’è dietro è frutto di un percorso lungo e meraviglioso. Un disco perso nel tempo, tra passato, presente e futuro, che segna la chiusura di un cerchio e che ci fa intravedere una grandezza che siamo sicuri non tarderà ad arrivare. Nel frattempo prendiamoci per mano e godiamoci il viaggio.

Foto di Stefano Dili

 

Sono passati ormai 5 anni dal tuo ultimo long playng Phantasmagoria. Nel frattempo non sei certo stato con le mani in mano, tra tour internazionali (anche negli Stati Uniti), l’uscita di due doppi singoli e la temporanea militanza in una band importante come i New Candys. In che modo queste esperienze sono confluite in questo tuo ultimo lavoro? L’essere stato al servizio di una band, ha in qualche modo cambiato il tuo approccio alla musica?
Tutto è iniziato dal mio rientro dagli Stati Uniti (era il tour di Phantasmagoria), un momento molto significativo per me e per il mio percorso. È stato un periodo indimenticabile per tutte le esperienze vissute fino a quel momento, interrotto troppo presto dalla pandemia. Lo stop forzato mi ha permesso di concentrarmi su me stesso e di lavorare costantemente nel mio studio sulla realizzazione di nuove canzoni. È stata un’occasione di rinascita e cambiamento. Ho cercato quotidianamente di lavorare sulle registrazioni, sviluppare un nuovo metodo e sul controllo delle  emozioni, come se guardassi la mia fotografia di ciò che ero e mi immergevo in quella vibrazione.
La realizzazione e pubblicazione dei nuovi singoli, racchiusi in due formati in 7” (Revelation & Vision), (Fire & What You See) sono stati l’inizio di un nuovo percorso, non solo artistico ma anche personale; ne sono uscito con uno sguardo sulla vita rinnovato. Iniziare a suonare in duo (inizialmente con Gabriele Ripa come secondo musicista alle tastiere), è stato il primo passo verso una nuova dimensione. Ritornare in tour dopo un periodo di buio ed intraprendere la preziosa e formante esperienza come turnista con New Candys, band che stimo moltissimo, con cui mi sono trovato molto bene per tutta la mia partecipazione, mi ha permesso di riscoprirmi come persona e come musicista. Volevo essere il musicista che avrei voluto avere nella mia band, una bella prova in un periodo di transizione e di cambiamento avevo bisogno di una nuova carica; tutto questo ha amplificato il mio fuoco interiore.
Sono molto grato di tutto ciò che ho vissuto in questi ultimi anni, i cambiamenti della mia vita mi hanno diretto verso una nuova strada che sto percorrendo con molto entusiasmo e gratitudine. Il mio approccio alla musica è mutato ciclicamente, con molta naturalezza, dalla registrazione, al lavoro sul songwriting, alla percezione della mia musica e di tutto ciò che mi sta offrendo l’universo. Tutte queste esperienze mi hanno permesso di lavorare parallelamente a più cose che ho ritrovato nell’ultimo album, è stato un periodo molto inteso e creativo e hanno dato inizio ad un percorso differente dando una nuova visione ed impostazione a tutto ciò che stavo producendo.
Phantasmagoria era un disco dal percorso circolare, una spirale. Lost in Time invece sembra avere una direzione ben precisa, un viaggio dall’oscurità alla luce, sei d’accordo?

Ci puoi raccontare le tappe di questo viaggio? Esperienze, incontri, ascolti, tempi di gestazione…
Sono molto d’accordo su questa tua riflessione. Phantasmagoria è un flusso di coscienza, un’eterna ciclicità, è un concentrato di visioni, mentre Lost in Time è un album che racchiude un viaggio astrale tra luce ed oscurità, stati emotivi molto intensi, dal significato profondo. L’esperienza di Lost in Time racchiude i temi della trasformazione personale, dell’adattabilità e dei continui cambiamenti nella propria vita, sospesi nel tempo e nello spazio; la metafora dell’opportunità di crescita e di ricongiungimento con il proprio essere, un nuovo cammino verso luoghi diversi, rischiare l’ignoto, abbracciare l’incertezza; è un campo misterioso. Il viaggio di Lost in Time nasce nel 2022. Avevo scritto molte canzoni e stavano prendendo sempre più forma. In questo ultimo album ci sono tutte le sensazioni della mia vita di quel periodo, come la sorpresa di un’alba rivelatrice o di un ipnotico tramonto; il profumo di un fiore, la perdita di una persona cara, l’amore per la vita, la connessione con la propria terra. Lost in Time è la ricerca costante del mio essere, pensando alla mia musica non solo come se si trattasse di un album, ma vedere riflesso ciò che si ama veramente, le parole, le immagini, i miei sogni.
Suonare la propria musica principalmente per sé stessi, spogliarsi delle proprie congetture e seguire il sentiero, il flusso; avevo bisogno di leggerezza e lo Psych Folk inglese ed americano anni ’60 mi ha ispirato molto (Donovan, Nick Drake, Crosby Stills Nash Young, Buffalo Springfield, The Byrds, Love) – trovate sul mio canale Spotify la playlist dei miei ascolti di quel momento, come introduzione all’album-. Lost in Time è un album vissuto intensamente; gran parte della musica nasce dai ricordi dei miei sogni e lo  sviluppo è nato proprio in studio di registrazione. L’album è stato registrato da Marco Degli Esposti presso “Happenstace Studio Recordings” a Carbonarola (Mantova); Marco ha saputo valorizzare con grande sensibilità e capacità tecnica le mie idee – si è creato un feeling intenso, una grande amicizia e stima reciproca – una nuova modalità di lavoro in tecnica di registrazione, nuovi scambi e continue sperimentazioni, è stato magico vivere quei giorni in studio, canzone dopo canzone, vederle mutare nel corso di questi due anni di realizzazioni, frammentate da appuntamenti di una settimana a sessione. La potenza emotiva di Lost In Time è stata la scoperta di nuovi suoni, la sublimazione di sentimenti e visioni, la determinazione, la mia libertà espressiva.
Non è stato facile scegliere i brani, poiché ne avevo registrati molti, ma ascolto dopo ascolto, ho trovato le risposte e la tracklist che descrive a pieno questo ultimo lavoro.

 

Nel disco c’è un featuring di una certa importanza, quello con Roberto Dellera, quello che si dice un incontro benedetto dal destino. Sembrate letteralmente nati per suonare insieme, per attitudine e riferimenti. Com’è avvenuto questo incontro, e come avete costruito Sunrise?
La collaborazione con Roberto Dellera è nata nell’estate del 2022 quando lo invitai a suonare alla mia rassegna estiva che avevo organizzato. Ci siamo conosciuti nel 2019 quando aprii il concerto al Teatro Centrale di Roma ai The Winstons. Rimase a casa mia a Tarquinia per un po’ di giorni di vacanza e dopo lunghe chiacchierate e confronti sulla nuova musica che stavamo producendo, gli feci ascoltare le demo del mio nuovo album e gli proposi di scegliere una canzone; gli piacque molto e scelse Sunrise. Iniziammo a sperimentare e nel giro di una notte inserì il basso e la sua calda voce nella seconda strofa e ritornelli, usando sempre la prima o la seconda take.
Roberto è un artista che stimo tantissimo, ha una grande personalità e sensibilità, tutto ciò che suona ha una forte energia, abbiamo gli stessi gusti, mi sono trovato benissimo fin da subito, è stata la chiusura e una nuova apertura di un cerchio, sentivo, nei suoi interventi e consigli sul brano, di conoscerlo da parecchio tempo, siamo diventati molto amici. E mi ha donato una grande forza di volontà e determinazione questa collaborazione speciale. Ricordo benissimo quel giorno perché è stato così intenso, non credevo venisse fuori con così grande naturalezza, il tassello mancante di quel brano, che oltretutto, è uno dei miei preferiti; questa è la magia del rock’n’roll.

Questo è un disco davvero “denso”, di umori, suoni e colori, ti sei davvero divertito in studio di registrazione ad aggiungere piccoli dettagli che emergono ad ogni ulteriore ascolto, per non parlare dell’apporto alle tastiere del tuo vecchio sodale Gabriele Ripa. Si può dire che il progetto Black Snake Moan stia diventando qualcosa di più grande e che quindi, forse, non basta più il “solo” Marco Contestabile per esprimere appieno l’enorme bagaglio che si porta dentro?
Lost in Time è un album nuovo sotto molti aspetti, mi sono divertito moltissimo a realizzarlo ed è solo un altro passo del mio viaggio. Sono stati introdotti nuovi strumenti come basso, tastiere -curate in parte da Gabriele Ripa-, nuove chitarre, batterie minimali, drum machine analogiche, nuovi suoni e timbri, una dimensione che sto approfondendo sempre di più grazie al confronto con molti musicisti. Sono moto grato a tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo album, perché mi sento arricchito, rigenerato.
Ho suonato principalmente tutti gli strumenti presenti nell’album e dal vivo, sento il bisogno, non solo tecnico esecutivo, ma anche personale, di condividere questo percorso con altri musicisti; attualmente suono in nuova formazione dal vivo in duo con Matteo Lattanzi alla seconda chitarra e tastiera. Certamente, non basta più Marco Contestabile, credo che Black Snake Moan sia un progetto in costante evoluzione e diventerà qualcosa di più grande, di più colori, linguaggi, con più componenti, condividendo il tutto con compagni di viaggio e collaboratori in ogni sfumatura. La modalità one man band al momento è solo la mia dimensione di songwriting, ma non sono più solo come le origini; staremo a vedere che forma prenderà il progetto il prossimo anno.

Foto di Stefano Dili

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