Intervista
Cimini
Un cantautore al suo giro di boa
25 febbraio 2018 – Spaghetti Unplugged, Marmo
La mezzanotte sta per scoccare e non sta solo per portare la neve a Roma.
Siamo a San Lorenzo, durante il consueto appuntamento domenicale con Spaghetti Unplugged, che si tiene al Marmo. Tanti artisti, più o meno emergenti, si danno il cambio sul palco e in dodici minuti hanno la possibilità di farsi ascoltare da una platea che più passa il tempo e più si infoltisce.
Federico Cimini, che da quando è parte della scuderia romana Garrincha Dischi ha scelto di farsi chiamare solo Cimini, sale sul palco pochi minuti prima di compiere i fatidici trent’anni, con lui da solo un piano e di fronte tutto il pubblico del Marmo, curioso di ascoltare e conoscere l’artista dell’ormai nota e virale La Legge Di Murphy, il suo primo singolo, pubblicizzato da artisti e amici, fra cui Brunori Sas e Lo Stato Sociale, sui social con un cartello recante proprio l’hashtag #LaleggediMurphyèpiùfortedime.
Sarà l’emozione, sarà la prima esibizione dopo tanto tempo davanti ad un pubblico diverso da quello della città adottiva del calabrese Cimini, che ormai vive a Bologna da anni, sarà la prima volta che si esibisce al piano e in acustico, ma il brevissimo live, nel quale il giovane cantautore presenta i primi quattro singoli estratti dal suo disco Ancora meglio, uscito lo scorso 9 marzo, non entusiasma, nonostante i pezzi siano una valida e per niente scontata declinazione del nuovo pop nato dall’indie di Calcutta, che ormai, lo possiamo dire, ha fatto scuola.
Prima di tutto ciò, però, noi lo abbiamo incontrato per fargli una breve intervista, nella quale Federico si è rivelato un ragazzo che ha ritrovato la voglia di fare musica e di suonare, dopo un periodo difficile che è condensato nei nove brani che compongono l’album succitato.
Il tuo è un autentico disco pop, che mi sembra si posizioni sulla scia di Brunori Sas e Calcutta, che non a caso hanno avuto un ruolo durante la lavorazione dell’album, giusto?
Ho scritto questo disco in un periodo in cui mi annoiavo davvero tanto, non mi divertivo più e quindi avevo deciso di lasciare la musica. Casualmente c’è stata una chiacchierata con Dario (Brunori – n.d.r.), in Calabria, che mi ha dato una prima spinta, perché non sapevo cosa fare, e quindi è stato un bel momento, poi una volta che abbiamo registrato le voci del disco e non ci piacevano, mesi e mesi dopo, Edo (Calcutta – n.d.r.) mi ha aiutato, in un pomeriggio, a cambiare le voci e a migliorarle un po’. Però, al di là del supporto morale e della loro amicizia, non hanno avuto un ruolo specifico in questo disco.
E come è stato lavorare con Calcutta in questa veste di consulente per le voci?
Siamo amici, cazzeggiamo tanto, quindi non è niente di particolare. Ci siamo trovati un pomeriggio a Bologna, dove passiamo la maggior parte del tempo a bere birre, suonare e divertirci.
Come nascono le canzoni di questo disco e le sue tematiche?
Forse ero un po’ arrabbiato quando ho scritto alcune cose. C’è anche un po’ di angoscia. In effetti quello è stato un momento un po’ angosciante della mia vita e ho voluto scrivere delle canzoni in cui, anche dove c’è l’allegria, cerco di far capire il fatto che io voglio stare bene, nonostante in quel momento non ci stessi, e volevo rendere le persone partecipi del mio malessere.
Quanto ha influito la produzione di Nicola Roda e Enrico Roberto di casa Garrincha Dischi nel confezionamento finale dell’album?
Con loro è subito nata l’amicizia. E forse è proprio questo l’elemento principale che è nato intorno a questo disco: c’è stata molta amicizia. I primi provini li ho fatti ascoltare a Lodo (Guenzi, Lo Stato Sociale – n.d.r.), con cui ero già abbastanza amico, la Garrincha poi ha proposto di affidare a Nicola ed Enrico la produzione: il giorno dopo eravamo già in uno studio di registrazione e ci siamo divertiti in un clima di grande armonia. È iniziato un percorso che non è in alcun modo formale ma, anzi, ci si sente davvero in famiglia.
Quindi è stata molto spontanea anche la campagna pubblicitaria che ha preceduto il lancio del tuo primo singolo, La legge di Murphy?
Sì, la campagna è stata spontanea, perché la Garrincha si trovava a lanciare un artista nuovo, quindi han pensato di chiedere agli artisti dell’etichetta di farsi una foto con un cartello recante la scritta “#LaleggediMurphyèpiùfortedime”, non tanto per creare hype come inizialmente è stato detto, ma per suscitare un minimo di curiosità, poi questa cosa ha preso piede e ci siamo ritrovati col web che ne parlava, l’hashtag si è diffuso in giro per l’Italia e questa cosa ci ha fatto piacere. Il rovescio della medaglia è che quando è uscito il singolo ho scoperto gli haters, però è stato divertente, io a loro voglio bene.
Cosa ti aspetti da questo lavoro? Ti è tornato l’entusiasmo per la musica?
Sì, mi diverto tanto, però non mi aspetto assolutamente niente, perché ho deciso di fare un disco senza crearmi aspettative, mi fa piacere che dopo una sola canzone uscita siamo cresciuti tantissimo, ora ne sono uscite altre tre e c’è tanta gente che mi segue, che mi scrive e che mi fa sorridere prima di andare a dormire.
Cosa è rimasto del Federico Cimini dei precedenti lavori?
Oltre agli haters è nata questa piccola corrente di gente che mi scrive e che mi dice “eh, però adesso rinnegherai un passato, rinnegherai questo, quell’altro”. A me non interessa rinnegare il passato, è che si tratta di un percorso artistico un po’ diverso, frutto di un lungo momento di silenzio in cui per me sono cambiate tante cose, in cui sono cresciuto un po’ e quindi si è creato uno stacco, c’è uno spirito diverso, ma non rinnego nulla. È rimasto qualcosa, non so bene cosa, devo suonare per capirlo.
Pensi che resterai a Bologna?
Sì, a Bologna sto bene, ci vivo da dieci anni ormai e non voglio andarmene. Voglio fare un figlio e farlo crescere in piazza Carducci.
Cosa pensi di Roma e della sua scena musicale?
Ultimamente Roma va abbastanza di moda, ci sono cantanti molto bravi, scrivono cose molto interessanti, carine, belle e speriamo che duri. A me piacciono le canzoni che dicono qualcosa e loro le fanno, quindi va bene così.
C’è qualcuno con cui ti piacerebbe collaborare?
Mi piacerebbe collaborare con Tommaso Paradiso (ridono tutti…! – n.d.r.).
Intervista raccolta da Ilaria Pantusa