CANTAUTORATO


Max Trani aka Dog Byron (foto di Gianluca Giannasso)

Open è il nuovo, sorprendente disco di Byron: “Alla musica ci approcciamo con sincerità”

 

di Ilaria Pantusa

Qualsiasi sia il motivo che ci spinge ad ascoltare musica, se questa ha qualcosa da dire, riesce a farlo, toccandoci e portandoci altrove, in un luogo immaginario all’interno della nostra percezione spazio-temporale, dove le canzoni che stiamo ascoltando funzionano da raccordo perfettamente logico tra ciò che è all’interno di noi e ciò che ne è fuori.
Tutto inizia a funzionare: è un momento e soprattutto è un’illusione, ma quanto benessere scorre verso la nostra mente, per il tempo di una canzone o di un intero disco riusciamo a prendere una boccata d’aria e non possiamo non essere grati a quello che le nostre orecchie stanno ascoltando.

Open (Tiny House Records), l’ultimo disco di Dog Byron, il progetto musicale di Max Trani e Marco De Ritis, è uno spiraglio su una dimensione più accogliente, rilassata e rilassante. La voce di Max Trani è calda, profonda e accarezza le parole con raffinatezza, le chitarre folk coinvolgono con eleganza, mentre i momenti più elettronici sono anche quelli più intensi e interessanti e, infatti, sono assolutamente da segnalare 7 Stars, The End Claim e Berliner Traum.

Dog Byron (foto di Gianluca Giannasso)

Non mancano neanche le sorprese, perché a comparire come ospiti nel brano di chiusura, Around, ci sono i Turin Brakes, gruppo britannico che è sempre un piacere ritrovare anche da queste parti e con cui Dog Byron ha avuto modo di suonare in giro per l’Europa. E proprio l’Europa, in questo lavoro, ha un ruolo importantissimo, dato che Open è stato registrato tra Roma, Amburgo, Londra, Berlino, Rotterdam e il Portogallo.
Il respiro è ampio e consente, nella sua placidità, anche qualche vena più inquieta, contraddizioni produttive che danno un valore aggiunto al disco. Max Trani, che abbiamo intervistato, ci ha detto qualcosa di più anche a proposito di questo aspetto.

Partiamo dalle affinità e dalle divergenze tra Eleven Craters del 2014 e Open: circa otto anni tra i due dischi, sonorità più aspre nel primo, più rilassate nel secondo, quanto ha inciso questa distanza temporale nel percorso fatto dall’uno all’altro?
La sensazione è che da tutti i punti di vista questi due album appartengano a due epoche molto diverse, ma che allo stesso tempo siano molto vicini perché punto d’inizio e d’arrivo della nostra evoluzione naturale; in questo lungo periodo sono usciti anche sette singoli (e due Ep di session live inedite), ognuno con una storia produttiva a sé stante e legato ovviamente alle nostre esperienze e incontri.
Nel 2016, registrata mentre eravamo in tour e poi finalizzata a Roma, esce la nostra versione di Lovesong dei Cure; nel 2018 Broken Witches; alla fine del 2018 Home, prodotta da Marco Fasolo; all’inizio del 2020 una versione primitiva di Broken Witches con la collaborazione della nostra amica Lara Martelli; a seguire poi escono Touch e Contact, le due versioni alternative di quella che in Open si chiamerà Love from a Distance; nel 2021 Breakfast at Sunrise (Hotel Room) ormai quasi ad anticipare il disco. Parallelamente a questi singoli, escono gli Ep Ngr Recordings, registrazione di una session inedita del 2012 dei brani Cool e Talk to you, e Camino Session, live acustico del 2015.
Questi sono stati anche gli anni delle nostre esperienze più importanti all’estero e di una crescita significativa del progetto e pertanto questa “distanza temporale” ad oggi è senz’altro quella più rilevante per noi. Open, oltre a presentarsi come il punto d’arrivo di questo percorso, sta dimostrando di essere un nuovo piacevole punto di ripartenza.

Nel disco le atmosfere sono dilatate e i ritmi hanno un che di placido, ma in fondo resta una vena di inquietudine che percorre tutti brani, tu e il resto della band fate sembrare possibile l’equilibrio tra sfaccettature così contraddittorie: come ci siete riusciti?
Dunque, Open è stato scritto in un periodo di tempo abbastanza ampio e trovo che questo gli dia un valore: ogni brano, così come i singoli degli anni precedenti, ha la qualità di avere una storia di scrittura, arrangiamento e produzione specifica rispetto agli altri e questo offre una caratteristica di unicità ad ogni singolo brano.
Se cogli una caratteristica comune a tutti i brani, non è frutto di una premeditazione o di una scelta produttiva (come ad esempio entrare in studio una volta sola per tutto il disco o usare degli specifici suoni caratterizzanti per tutti i brani): al contrario ogni brano è stato scritto e prodotto liberamente, risponde solo alla domanda “mi piace?”, e se mi piace è finito. Se le caratteristiche generali possono essere “atmosfere dilatate” e “un’inquietudine di fondo” queste sono senz’altro legate alla sincerità con cui ci approcciamo alla musica e questo spero emerga in ogni brano a prescindere dal fatto che sia suonato con una chitarra acustica o un Synth.
Credo che l’equilibro sia appunto garantito dalla tensione proficua che c’è tra queste due atmosfere “apparentemente contraddittorie”, forse perché in tutti i brani, alla fine, emerge una sensazione di speranza, sentimento che garantisce l’equilibrio tra una sana inquietudine e la serenità.

Il titolo fa riferimento al concetto di apertura dell’anima al sentire, la sensazione però è quella di accedere all’interiorità di quest’anima, come se lasciasse la porta socchiusa. Qual è, se c’è, il giusto punto di osservazione su Open?
Non credo ci sia un punto di vista da consigliare per Open, il mio parere in questo caso è molto poco analitico: se la nostra musica in qualche misura e per qualche ragione non ha lasciato indifferente l’ascoltatore, allora ha raggiunto uno dei suoi obiettivi. Senz’altro se la porta è socchiusa ci sarà un motivo.

Il disco ha un respiro fortemente internazionale e le sonorità rispecchiano il lavoro che tu e i tuoi collaboratori avete svolto tra una città e l’altra dell’Europa. Come avete fatto a lavorare in questo modo nei mesi più duri della pandemia da Covid-19?
Ad essere sinceri gran parte del disco era pronta da prima dell’inizio della pandemia; alcune chitarre le ho registrate a casa durante il lockdown e mixate online; Breakfast At Sunrise (Hotel Room) è nata alla fine del 2020, in piena riapertura; 7 Stars, nata qualche anno fa, era stata messa nel cassetto, poi ripresa nel 2021, fin quando non ha trovato la sua forma definitiva.
Lavorare da soli a casa o in un continuo scambio online con i propri collaboratori è senz’altro possibile e molto molto interessante, in particolare perché il risultato della collaborazione è per sua natura diverso. Con Marco De Ritis (cofondatore di Dog Byron) abbiamo sempre lavorato oltre che in presenza, a distanza Roma-Berlino e questo mi ha sempre sorpreso dal punto di vista del risultato artistico.

Da musicista che ha potuto saggiare il modo in cui si lavora all’estero, ti sei già fatto un’idea rispetto alle conseguenze che l’attuale situazione geopolitica porterà, con la guerra in Ucraina e mentre si cerca di uscire ancora dalla pandemia? Hai timori, speranze, inquietudini?
Al di là degli impedimenti fisici e tecnici agli spostamenti e delle difficoltà economiche di cui il music business risente maggiormente (perché già vacillante), credo che questo sia un periodo storico molto particolare per la cultura e per l’artista in generale.
Chiunque sia dotato di un minimo senso di responsabilità civile e sociale non può non sentire una difficoltà a salire su un palco e non può farlo senza tenere conto di ciò che sta accadendo a noi e intorno a noi. Quindi, la ripartenza è senz’altro un processo naturale e necessario ma richiede consapevolezza e uno sguardo.

È stato piacevole ritrovare i Turin Brakes in Open, come è nata la collaborazione per Around?
Negli anni in cui abbiamo seguito i Turin Brakes in tour, benché avessero un sound molto diverso dal nostro, li abbiamo sempre considerati una grande fonte d’ispirazione. Del resto, dal punto di vista compositivo possono essere considerati dei giganti. Quando ci siamo ritrovati ad avere tra le mani un brano che ci sembrava potesse essere adatto, abbiamo proposto loro una collaborazione e così è stato. Il risultato ci piace molto, rappresenta un po’ il consolidamento degli anni in giro con loro ed è inutile dire che ne siamo molto orgogliosi.

Chiudiamo con una domanda di rito: quali sono i progetti per il futuro?
Siamo alle prese con un nuovo videoclip di cui vi daremo presto notizia e una serie di concerti mirati, pochi ma buoni speriamo, tra luglio 2022 e la primavera 2023. Grazie tante per il tempo speso insieme e per la vostra attenzione.

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