ONE MAN BAND


Nestter Donuts (foto di Giovanni Marotta)


Furia adolescenziale, dadaismo involontario e caos organizzato: Invasione Monobanda!


di Angelo D’Elia

Ci era stata promessa una serata folle, sregolata, all’insegna di birra, sudore, sangue e tutti gli altri deliziosi umori che il nostro organismo sia in grado di espellere, il tutto farcito dai volumi lancinanti a cui Invasione Monobanda ha abituato i nostri ormai martoriati padiglioni auricolari nel corso degli anni. Beh, siamo stati accontentati e chi come noi era lì a godere dell’atmosfera, finalmente di nuovo a pieno regime, del festival più scatenato in città, non può che darci ragione (ed eravamo davvero in tanti). Per chi invece ha disertato, per usare un’espressione dei nostri tempi: rosicate pure…

Le frenetiche danze si sono aperte nella “sala d’attesa” del bunker del Mandrione, dove era già pronto ad accoglierci con gli onori del caso il set di Mustard R’N’R’, che ha dato il via alle ostilità con una sporchissima versione di Rumble di Link Wray, unico pezzo strumentale nella storia della musica ad essere boicottato dalle radio perché, si diceva, fomentava la violenza giovanile. Ed è proprio questo che ci ha trasmesso il buon Mustard: pura, semplice ed adolescenziale violenza punk n’ roll, sparata in faccia senza fronzoli e a tutto volume verso noi che cominciavamo ad accalcarci e a liberarci di strati di vestiario, perché l’atmosfera cominciava già a farsi torrida.

Ad attenderci nella vera e propria sala concerti, invece, qualcosa che nessuno si aspettava, o forse nessuno voleva, ma che tutto sommato è successo e qualche parolina bisogna pur spenderla. Quella di Sabbathor NON è stata un’esibizione. Arrivato in forte ritardo e quindi senza passare dal soundcheck (passaggio obbligato, visto anche il livello di distorsione con cui ha tentato di suonare), questo omone a torso nudo ha tentato prima di accordarsi al volo (imprecando molto, ma senza riuscirci), poi se ne è fregato altamente e ha portato a casa una mezz’ora di set totalmente sgangherato e cacofonico. Qualcuno si è incazzato, in molti l’hanno presa a ridere, fatto sta che siamo rimasti tutti lì a vedere fin dove si sarebbe spinto. Dadaista… ma in maniera del tutto involontaria.

Il livello si è rialzato vertiginosamente subito dopo con l’esibizione di Nestter Donuts, unico ospite straniero della serata (dalla Spagna) e vera e propria figura di riferimento della scena monobanda, anche perché ne incarna perfettamente lo spirito iconoclasta di fondo. A differenza dell’esibizione precedente, dove il caos regnava incontrollato, qui il “casino” è assolutamente consapevole ed organizzato, tirato su da qualcuno che sa esattamente come muoversi e quali corde toccare per accendere le folle, e questa sera non si è certo risparmiato. Nestter ti provoca, cerca di far scaturire una reazione, si sbatte il microfono in testa, si scaglia contro il muro, ti guarda con gli occhi fuori dalle orbite, ti invita sul palco insieme a lui a “miagolare come un gatto in calore”, si spoglia nudo come un verme, mentre ti investe con febbricitanti bordate di punk/blues/country/rock n’ roll e flamenco. Tira fuori il peggio per farti abbassare la guardia, e per fare uscire a giocare la parte più demenziale ed incosciente che è in te…. Liberatorio!

Da segnalare come chiosa, il giorno dopo, ci siamo tutti riuniti tra le accoglienti e più pacifiche mura di DischixFiaschi, per snebbiare il cervello, guardarci in faccia, riconoscerci e contare le cicatrici della sera precedente. Ma soprattutto, per assistere all’intima esibizione di Guido Jandelli alias Tiedbelly, che ha curato le nostre teste doloranti ed i nostri stomaci in subbuglio con una sana dose di country blues, interpretato in maniera davvero impeccabile e sentita, e che chiude una due giorni davvero unica e memorabile. Stiamo già attendendo con ansia la prossima edizione!

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