INDIE / POP


Leonardo Angelucci (foto di Valeria Santivetti)


Manifesto Canzoni è il suo nuovo EP, prodotto da Giorgio Maria Condemi

“4 manifesti. 4 canzoni. Il riassunto di un anno diverso, allucinato, lisergico”. La nostra intervista

 

di Pietro Doto

Leonardo Angelucci rappresenta, per il sottoscritto, un buon esempio della differenza fra emulazione ed imitazione, un concetto a cui sono legato. Puoi avere una voce perfetta, l’accordatura dei tuoi strumenti super esatta, un pattern compositivo ligio e casto e quindi puro, puoi avere le rime più passionali. Tutto al bacio, insomma. Beh, per me sei a metà strada. Sei un grande imitatore. Bravo. Fine, però – noioso come il paradiso, direbbe qualcuno.
Angelucci, spinto da insana e quindi lodevole curiosità, emula alla grande, cioè riesce a ritagliare lo spazio vero al proprio sé, all’interno di una miriade di rimandi, disparati ma continenti. Non sei solo bravo: sei sulla buona strada per essere definito artista.

Manifesto Canzoni, il suo nuovo EP, conferma tutte le premesse citate a proposito di lui ed Hennè, il singolo apripista, rimane l’esempio più riuscito di questo piccolo nuovo corso. Angelucci non smette di provare nuove soluzioni, riesce a marchiarle col proprio brand, supera il coraggio. Siamo nell’ordine dell’indie-pop macchiato di moderno, di una malinconia di superficie, di un’intimità maggiore rispetto alle sue uscite precedenti. Forse anche a causa dell’atmosfera generale degli ultimi tempi. Ad ogni modo il suo repertorio si colora, in particolare per quello che può offrire oggi una sua scaletta virtuale e virtuosa.

Dice, sempre lui: “Quattro manifesti. Quattro canzoni. Il riassunto di un anno diverso, allucinato, lisergico. Un anno che mi ha spinto al limite della mia creatività, che mi ha tolto tanti concerti, prove e viaggi, ma mi ha anche restituito l’importanza della dedizione. L’amore vero per il lavoro che faccio”. Non potevamo non approfondire il suo punto di vista: di seguito la nostra intervista.

Il formato EP sembra essere il tuo preferito. Scelta commerciale o è proprio che ti ci trovi bene?
Scelta obbligata in questo caso, perché volevo chiudere i pezzi prodotti allo Strastudio (da Giorgio Maria Condemi, registrato mixato e masterizzato da Gianni Istroni. L’originale arkwork di copertina è di Giuseppe Bravo – n.d.r.) durante il 2020 in un unico contenitore. Erano 4 brani, dunque quanto basta per raccoglierli in un EP. Quindi sì, attualmente come cantautore ho all’attivo 2 EP ed un album, ma se si comprende la mia discografia anche con le band (Lateral Blast, Black Butterfly) la situazione si capovolge nettamente. Comunque l’argomento sarebbe da sviscerare anche in termini discografici e di mercato musicale, i tempi che corrono favoriscono sempre di più la musica liquida rispetto a quella solida, fisica. Mi fermo qui perché altrimenti la mia risposta diverrebbe lunga e noiosa.

Ti contraddistingue un’estrema curiosità (musicale), aggiorni continuamente il tuo sound, ma qual è il tuo tratto distintivo? Qual è il faro che guida le tue sperimentazioni?
Probabilmente a trent’anni suonati, di cui almeno più della metà vissuti con uno strumento in mano, posso affermare che non ho un tratto distintivo peculiare, se non quello stesso di mutare, evolvere, progredire sempre. Nella vita privata come nell’arte sono sempre stato un eclettico curioso onnivoro creativo. Il motore di tutto è sempre stato il mio mettermi in discussione, la voglia di crearmi continui sconvolgimenti emotivi, lavorativi, culturali. Mi diverto stimolando il mio cervello e avventurandomi sempre di più verso lidi mai esplorati.

Budapest è stata pensata per taggare il numero più alto possibile di città…!?
No, per togliere dalla piazza della scena indipendente il più alto numero possibile di città/nazioni appropriandomi di quelle che preferisco.

Manca, questa volta, il guizzo ironico/sarcastico, se non addirittura godereccio, di altri brani a cui in passato sei comunque riuscito a dare un taglio personale. Anche qui: si tratta di una scelta ragionata? O semplicemente lo specchio dei tempi?
Lo specchio dei tempi credo, anche perché chi mi segue dal vivo sa che la mia ironia e il mio prendermi poco sul serio sono sempre presenti sul palco accanto a me, tra i miei musicisti e tra le canzoni in scaletta. Forse avevo utilizzato già le ultime cartucce satiriche per il primo volume di brani Folk uscito l’anno scorso sul mio bandcamp, Folk ‘O Giuda.

Anche se in misura minore, si torna a suonare live. In tale sede, ti impegni a riprodurre esattamente il sound del disco?
Abbastanza. I quattro brani sono sempre riarrangiati con piccoli cambiamenti da me e dai miei musicisti e compagni di vita di sempre, Matteo Troiani, Antonello D’Angeli e Tommaso Guerrieri, con l’ausilio di sequenze per mantenere alcune sonorità, sound fx e strumenti elettronici.

Quale genere di disturbo della personalità induce un ascoltatore dei Tool come te a produrre la musica che porta la tua firma?
Il fatto che io non sia un fan sfegatato dei Tool forse, per quanto io li ascolti, li apprezzi e li stimi tantissimo come autori, compositori e strumentisti. Il mio background è più rock/blues anni ’60 e ‘70, prog italiano e internazionale anni ’70 e cantautorato italiano e internazionale. Se la deduzione era per il binomio Lateral Blast-Lateralus avete fatto cilecca. Ah ah. Poi se volete un giorno vi racconto la vera etimologia vulcanica del nome.

***

Pin It on Pinterest

Share This