Math Rock
MalClango
Gli scimmioni più rumorosi della capitale
MalClango
(Autoprodotto, 2017)
RECENSIONE – Non è per niente facile al giorno d’oggi comporre musica, figuriamoci se poi a farla sono tre scimmioni rudi e selvaggi. Eppure nella giungla musicale romana esiste un power trio, i MalClango, che a suon di rock e sperimentazioni annesse approda sulle scene con un disco potente e innovativo, interamente strumentale. Un sound furioso e incontrollabile è quello che si scatena nell’omonimo lavoro che, in sole sette tracce, racchiude tutta la creatività artistica dei tre primati.
Due bassi – avete letto bene, due bassi, come ai bei tempi dei Girls Against Boys di Venus Luxure No.1 Baby – e una batteria sono le colonne portanti delle armonie dissonanti alla base del disco. Anche per la parte vocale il trio scimmiesco ci spiazza: niente cantato, solo versi molto simili a dei grugniti che richiamano le origini più arcaiche dell’uomo di Neanderthal. Ogni traccia è come una macchina impazzita che corre ad alta velocità sulla strada, sempre sull’orlo di uno schianto e con l’effetto sorpresa sempre dietro l’angolo, proprio come in un film del vecchio Tarantino.
Una musica possente e martellante risuonerà nei timpani dell’ascoltatore che dovrà reggere poco più di trenta minuti per vedere la fine di questo epilettico e travolgente flusso musicale, narrato a sprazzi da una voce fuori-campo (sullo stile dei cinegiornali degli anni ’40, per intenderci) che racconta di un diluvio immaginario che ha portato con sé solo distruzione (ved. copertina album) e di altre storie dal significato quasi ermetico.
Patatrac, Anatomia di un Battibecco e Sant’Elmo custodiscono tutta l’essenza più nascosta della band. Un’essenza arricchita anche dalla scelta di utilizzare un doppio basso, mossa originale e di escludere quasi totalmente il cantato, mossa forse più rischiosa. L’eccessiva omogeneità musicale tra una traccia e l’altra, infatti, porta inevitabilmente al risultato finale di un prodotto a tratti tedioso. Un azzardo questo che può essere facilmente tralasciato se si considera l’elevata qualità del lavoro che i musicisti/scimmia hanno saputo elaborare nella loro stravaganza, rendendo il tutto unico nel suo genere.
Un disco che vale la pena ascoltare, ma con volumi regolati responsabilmente. (Antonio Ciruolo)