Recensione


Nohaybanda!

Un’ideale sinfonia sull’inizio della fine

Ascolta il disco Nohaybanda!
(Megasound Records/Stirpe 999, 2017)

RECENSIONE – Per chi ha seguito, negli anni, l’evoluzione (o l’involuzione, a seconda dei gusti) della scena indipendente capitolina, questa uscita discografica è un evento di quelli importanti, di quelli da segnare sul calendario. Il 3 novembre è stato dato alle stampe il terzo (o quarto, se si considera la compilation Il Seme) lavoro in studio dei Nohaybanda, formazione fondamentale e punto di riferimento cardine per un’immane schiera di musicisti e addetti ai lavori, che ha come centro nevralgico e cuore pulsante la figura di Fabio Recchia, uomo dal multiforme ingegno che, con i suoi innumerevoli progetti, da solo, con altre formazioni o come produttore, è autore di una sperimentazione sonora da sempre completamente libera da ogni legge di mercato e svincolata da qualsivoglia categorizzazione di genere (è per questo che, dopo anni di duro lavoro, personaggi del genere vengono ancora considerati “di nicchia”).

Orfani di un elemento insostituibile come Marcello Allulli – che con il suo sax fungeva da contrappunto melodico alle complesse dinamiche del gruppo –, il trio è diventato duo, forgiando un sound che porta alle estreme conseguenze quanto già ascoltato nella versione precedente, con l’innesto di robuste dosi di elettronica, che rendono l’esperienza d’ascolto ancor più claustrofobica e piacevolmente opprimente.
Il particolare stile tecnico di Fabio Recchia, che suona contemporaneamente chitarra e basso adagiati in orizzontale (con l’aggiunta, ora, di un sintetizzatore in cima alla sua postazione), in questo nuovo corso rivela più che in passato la sua natura violentemente percussiva, in totale e perfetta simbiosi con il drumming scatenato di Emanuele Tommasi (che gestisce anche i campionamenti, il tutto rigorosamente live).

La musica dei Nohaybanda scaturisce, oltre che da una capacità tecnica fuori dal comune, amministrata con indole genuinamente punk, anche dalle suggestioni dell’inconscio, da una volontà di recepire e reinterpretare la realtà che ci circonda con strumenti totalmente autonomi.

Questo disco, con le sue ritmiche ossessive e penetranti, intervallate da brevi scampoli di quiete narcotizzante, per poi rituffarsi nella bolgia di progressioni schizzate e rumore stordente, è un’ideale sinfonia, in 7 movimenti, sui tempi che viviamo, sull’inizio della fine: alcuni passaggi di synth rimandano, come atmosfera, alle immagini di Blade Runner e, ancor di più, a quel cielo grigio alla fine di Terminator, con l’avvento di Skynet alle porte… (Angelo D’Elia)

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