RAP / HIP HOP
Rancore
“Queste sono canzoni scritte senza nulla da perdere, cercando di descrivere le cose per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere. Questo disco è stato scritto da un bambino”.
Intervista a Tarek Iurcich, in arte Rancore, il rapper romano da poco fuori con il nuovo Musica per bambini (recensione qui), seguito da Lester anche dal vivo all’iFest di Parco Nomentano (live report qui)
di Stefano Capolongo
INTERVISTA – A tre anni dall’episodio finale della lunga e prolifica collaborazione con Dj Myke, torna Rancore con il suo ‘primo’ album da persona adulta. Musica per bambini, completamente autoprodotto, racconta di un mondo fatto di incomunicabilità, di depressione, di religioni e ideologie ormai al capolinea e prova a spiegare con la naturalezza di un bambino i sentimenti che scaturiscono da esse. La chiave per farlo è un rap ermetico, ormai marchio di fabbrica di Iurcich, outsider spesso involontario della scena rap italiana. Di questo ed altro abbiamo parlato con Rancore nell’intervista che segue.
Ciao Tarek, raccontaci cosa è successo dall’ultimo lavoro con Dj Myke (l’EP S.U.N.S.H.I.N.E. del 2015) e come è nato Musica per bambini.
Ciao e grazie infinite dell’intervista.
Nel 2015 è uscito S.U.N.S.H.I.N.E., un disco di 6 tracce, ultimo disco di Rancore & Dj Myke come duo, l’atterraggio epico di un’astronave, dopo aver visto i confini dello spazio e dopo aver realizzato 4 importanti dischi. Un disco unico nel suo genere, che vede come punta di diamante l’omonimo brano, considerato uno dei migliori brani mai scritti nel rap italiano. Dopo la fine della collaborazione con Myke nel 2016, ho deciso di realizzare un album in completa solitudine, autoprodotto sia nella musica che nella pratica.
Musica per bambini è stato realizzato come se fosse il primo disco di Rancore e in un certo senso lo è se consideriamo il fatto che quando realizzai SeguiMe (uscito nel 2006) avevo solo 15 anni e sicuramente ero ancora in una fase di ‘scoperta’’ della musica. Questa musica per bambini è stata scritta per cercare di comunicare uno stato mentale e sociale molto particolare, talmente particolare da essere incomunicabile. Ho sempre amato le sfide difficili e le cose impossibili da spiegare e in questo disco ho provato a spiegarle sfidando me stesso. È stata l’avventura più grande della mia vita riuscire a concludere questo lavoro, non credevo di farcela. Queste sono canzoni scritte senza nulla da perdere, cercando di descrivere le cose per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere. Questo disco è stato scritto da un bambino.
Questo lavoro rappresenta la versione forse più ‘nuda’ di Rancore, questa impressione è fondata?
Sì, lo è, perché questo è uno spogliarello di sentimenti dove alla fine rimane solo il rancore, da solo, a urlarti in faccia la sua verità, a volte in maniera violenta, a volte con delle favole.
Tante cose sono passate sotto i miei occhi, alcune possono essere descritte, altre no. Questo disco usa metafore per raccontare il mondo cercando di afferrare con le mani il mondo stesso, per comprenderne a fondo ogni aspetto intrinseco della sua follia.
In Italia, oggi, c’è troppa ‘musica per bambini’?
Sicuramente questo titolo che ho scelto è una provocazione, o almeno inizialmente era così. Durante la scrittura del disco questo titolo ha assunto più sfaccettature abbandonando la pura provocazione.
A volte mi sento un esperimento di questo mondo, sento come di esserlo sempre stato, sin da bambino, la musica stessa ha giocato con me. Cerco di raccontare questa sensazione in questo disco, la mia unica verità è come mi sento io, perché del resto del mondo non so nulla, e forse neanche lo voglio sapere.
Depressissimo, con i suoi superlativi che sembrano auto parodizzarsi, oltre ad essere una dichiarazione di autentico malessere, può essere anche inteso come una presa di posizione contro la moda del disagio tutta indie? Cosa pensi di questo fenomeno?
Non mi sono mai concentrato sulla musica dividendola in generi ma cercando di vederla come una cosa unica, un corpo monolitico. Quello che percepisco è che siamo in un periodo storico dove il materialismo regna e dove la superficialità è travestita da profondità. Non è il rap, o l’indie, non è la musica ad essere cambiata ma è il mondo ad essere cambiato. Quello che vedo intorno a me è una situazione culturale decadente, dove giustamente questa decadenza si rispecchia anche nella musica, in ogni genere musicale.
Questo brano non se la prende con nessuno e io non scherzo su nessuno se non su me stesso. A volte mi sento come se l’unico a non comprendere più il mondo sia io, come se qualunque persona fuori da me avesse ragione, a volte sembra che abbia ragione anche il male.
Depressissimo è un pezzo che parla di musica e che scherza sulla musica, ma parla anche di altre sfaccettature della malattia della nuova era, come ad esempio l’egocentrismo, la paranoia, le sovrastrutture che inventiamo per giustificarci e la religione che sta morendo. Solo un modo tragicomico e folle di descrivere le cose poteva darmi il permesso per entrare in questa fase pericolosa della scrittura, dove le cose maneggiate sono talmente delicate che possono rompersi in un attimo.
Nel tuo disco parli spesso di incomunicabilità. È diventato davvero così difficile capirci? E tu, desideri essere capito fino in fondo o preferisci mantenere una tua personale zona d’ombra?
Il tema principale è proprio la comunicazione e la non comunicazione. Stiamo tutti accettando senza troppi pensieri un cambiamento storico unico nel suo genere con l’avvento delle nuove tecnologie comunicative. Non c’è educazione dietro tutto questo, non c’è filosofia che aiuti una reale riprogrammazione mentale indispensabile agli umani per sostenere questo grande cambiamento.
Siamo come dei velieri lasciati alla deriva in un maremoto. La nostra comunicazione, trasformata in soldi, non è regolata da nulla ed è spinta talmente all’eccesso che si trasforma in una non comunicazione.
Credo che le persone ancora riescano a capirsi, però non so quanto durerà, ma credo che non si uccida in soli 20 anni la nostra comunicazione, nonostante c’è un aumento esponenziale dell”‘inquinamento comunicativo’’. In tutto questo io gioco molto su come spesso sono proprio io il primo ad essere incomprensibile. In questo disco quello che io sottolineo è che l’unico modo per accettare questa incomunicabilità continuando a scrivere musica, è creare un gioco di rompicapi, sui quali chi mi segue da sempre è abituato. Sottolineo più volte però, che tutto questo nasce dal mio non essere più capace di capire il mondo ma credimi, se avessi una vera scelta uscirei dall’ombra dell’incomunicabilità.
In Sangue di Drago affermi che “anche essere draghi è un’arte” e che “è un’era che durerà poco”. Nella scena rap, al 2018, ti senti un outsider?
Mi sono sempre sentito un outsider, anche nella scena del 2005, in quella del 2008, del 2010 e così via…
Ho sempre cercato di trasformare i lati oscure in zone di luce, il veleno in miele e credo che questo sia lo scopo di qualunque persona decida di scrivere. Non sono io a stare fuori dunque, sono le cose che ho vissuto ad essere fuori, ad essere strane da non poter essere descritte. I veri outsider sono i miei demoni, questo rap è solo una proiezione. Ascoltando Musica Per Bambini si comprende come la paura di essere diverso è descritta in ogni sua sfaccettatura fino ad arrivare al punto finale, fino a toccare il fondo, dove nulla è più diverso, e dove chi sta fuori è identico a chi sta dentro.
Per quanto io possa sentirmi un outsider in verità non ne ho voglia, non mi va di restare da solo e di essere ucciso come il drago.
Hai dichiarato che per comporre questo disco hai usato la musica come psicoterapia e in Quando piove canti “Non ti devi lamentare che ti piove in testa se resti sotto gli alberi anche dopo la tempesta”. Mettere il naso fuori dalla propria ombra può rappresentare una cura dal disagio e dalla depressione?
Il mio parere è che si deve trovare il coraggio di sabotare se stessi per conoscersi a fondo. È come un sistema protetto, solo rompendolo si potenzia il sistema. Solo guardando i problemi da un altro punto di vista si levano tutti i veli che coprono il mondo permettendoci di vedere noi stessi nella nostra totalità.
Tutto ciò che è dinamica, cambiamento e movimento è una cura. Una pozzanghera di acqua stagna deve essere calpestata a costo di deformare la nostra immagine specchiata nella pozzanghera, senza paura. Nel momento in cui non si ha più paura di vedersi in un altro modo, quando si è disposti ad abbandonare anche ‘se stessi’, allora nulla potrà più controllarci e tenerci immobili. Come l’acqua a volte dovremmo capire che la nostra forme è solo un illusione e deve poter cambiare secondo il recipiente. “Be water my friend”, diceva Bruce Lee.
La chiosa di Musica per bambini è intrisa di un misticismo violento e profondamente critico. Come ti rapporti con il tuo lato spirituale?
Io non vedo il mio lato spirituale come un ‘lato’, appunto, non essendo io un poligono regolare ma un poligono molto più complesso, talmente complesso da confondere ogni suo lato diventando come un cerchio.
Non esiste un lato fisico ed uno spirituale, esiste solo in un mondo che vuole dividere le varie parti di noi stessi facendoci perdere in un grande labirinto. Io ho questo rapporto con il mondo sottile, lo stesso del mondo pesante, in quanto io sono una cosa sola e siamo solo noi a dividere questi due mondi.
Fare la musica dimostra sicuramente che nella mia vita sottolineo molto lo ‘spirito’, in quanto la mia vita è incentrata comunque su un qualcosa che non tocchi e che non vedi, come appunto la musica. Musica e spirito si somigliano molto, e capire tutto questo secondo me è la base per capire quello che si sta facendo ogni volta che la musica vive in noi.
In questo disco cerco trasmettere come un conto sia ‘lo spirito’ e un conto siano ‘gli spiriti’’. Il primo è ciò che di più prezioso e delicato abbiamo, i secondi sono dei predatori nascosti in ogni cosa, anche nella musica stessa.
Come dovrebbe comportarsi un bambino che non conosce ancora a fondo se stesso, se fosse lasciato solo in mezzo ai predatori?
Cosa accadrebbe al suo spirito?
Come descriverebbe tutto ciò?
Il disco cerca di raccontare tutto questo, con la sincerità e con la naturalezza di un bambino.