RAP / HIP HOP

Rap Meticcio Gang (Foto di Leonardo Angelucci)


“Il mondo è già meticcio. Da un bel po’…”
L’ambiziosa storia di inclusione e contaminazione della Rap Meticcio Gang

 

di Federico Ciampi

Restare umani ai tempi del Covid, usando la musica come ponte tra culture differenti e facendo leva sulle diversità linguistiche e culturali di ciascun elemento. Un obiettivo straordinariamente ambizioso nella sua attualità quello alla base della Rap Meticcio Gang, che da Passo Corese unisce le sonorità dell’Africa e del reggae a tematiche importanti di vita, di strada e di inclusione. Con una particolarità che li rende davvero unici: la già anticipata provenienza, in quanto il collettivo viene dalla provincia e non dalla periferia di una grande città, cui invece il pensiero comune tende ad associare un genere come quello da loro proposto. La riprova, questa, dell’universalità dei temi trattati, perché la vita reale è fatta di interazione e contaminazione, in una grande metropoli come altrove, a dispetto di pregiudizi ed inquadramenti di qualsiasi tipo, siano essi sociali, geografici o di genere musicale.

Il risultato è We Are Lions, un EP di 4 brani estremamente efficaci ed ‘umani’, nel senso più puro e vero del termine, che danno voce ad un progetto molto interessante della realtà della nostra regione, e non solo. Noi di LESTER li abbiamo raggiunti (anche stavolta telematicamente; inevitabile abitudine, finché questo periodo non si sarà concluso), per saperne di più sulle loro opinioni, il loro processo creativo e le loro idee sul futuro.

Rompiamo il ghiaccio con una domanda facile: come è nato il progetto della Rap Meticcio Gang?
RMG nasce dalla strada, da alcuni italiani residenti tra Rieti e Roma ed alcuni ragazzi africani qui migrati che si sono avvicinati per questioni di mutuo appoggio nel difficile quotidiano dopo il primo lockdown 2020. Pian piano si è scoperto di avere una passione in comune per la musica e si è deciso di creare insieme un collettivo multiculturale che indagasse e producesse nuove proposte nate proprio da questa condivisione ‘meticcia’ continuativa e pian piano strutturata come proposta culturale a 360° nel territorio, attraverso il dialogo con altri artisti e realtà sociali, unitamente alla progettazione di eventi.

Il vostro è un genere che spesso si associa alla periferia di una grande città (penso ad artisti come i marsigliesi I. A. M.), e non alla tranquilla provincia, lontano dal caos. Come possono luoghi così differenti ispirare brani trattanti le stesse tematiche?
Innanzitutto riscontriamo che l’aggettivo ‘tranquilla’ associato alla nostra periferia è forse opinabile; si lega ad una visione ormai datata ed anacronistica del territorio. Le difficoltà ed i drammi della strada sono una sfida quotidiana soprattutto per chi va in giro con documenti generalmente considerati ‘meno validi’, per così dire; inoltre la situazione pandemica che viviamo ha inasprito e reso ancor più ostico lo scambio e la condivisione tra le persone a prescindere dal territorio. Le tematiche che si affrontano per strada sono legate a difficoltà di adattamento, scarsità di mezzi, ingiustizia sociale, voglia di riscatto e unità tra i più vulnerabili… non crediamo che questi sentimenti siano legati a localizzazioni territoriali, bensì alla natura umana. Per questo manteniamo nei testi e nelle produzioni musicali dei brani un’attitudine piuttosto aggressiva e ‘di strada’, non distaccandoci dunque sia da una prerogativa di genere musicale che di contenuti e tematiche.

La pluralità di lingue è una caratteristica chiave per comprendere la vostra storia e voi stessi. Come nasce allora un brano della Rap Meticcio Gang, da un istintivo flusso di coscienza collettivo o da scelte logiche e ragionate?
Un brano di Rap Meticcio nasce dalla condivisione di idee e culture, dall’ascolto e la comprensione reciproci; una volta che un’idea è definita alcuni della gang prendono la responsabilità di guidare il singolo progetto fino a conclusione cercando in questo di alternare i ruoli così che tutti possano formarsi davvero nella creazione professionale di musica, secondo le proprie capacità ed esigenze. Inoltre cerchiamo di trovare la formula perché ognuno possa portare avanti progetti corali ma anche progetti personali con il sogno di fondare una Label, il prima possibile. Per ciò che concerne la pluralità delle lingue abbiamo riscontrato sicuramente difficoltà soprattutto quando l’inglese (l’esperanto del gruppo) non è sufficiente per una comunicazione totale e soddisfacente e si ha bisogno di ricorrere a traduzioni multiple o all’ausilio di un traduttore; ma nonostante queste difficoltà linguistiche, la cultura e la consapevolezza di ognuno si accresce nello sforzo, nella scoperta dell’altro e nella condivisione.

Quanto è stato difficile esordire con un genere ‘di strada’ in un periodo come questo, dove tutto è snaturato?
L’esordio, per antonomasia, è sempre difficile. Soprattutto nel contesto musicale ormai più che saturo di nuovi artisti e nuove uscite, a maggior ragione in un periodo difficile come quello che ha visto nascere la Gang. Indubbiamente c’è la determinazione e la tenacia di chi per strada ci vive da una vita, con tutti i vantaggi e le problematiche del caso. Questo sicuramente, affiancato dalla professionalità e dalla volontà dei singoli membri, ci ha aiutato a mettere subito a fuoco degli obiettivi, puntando prima di tutto ad uscire con un primo lavoro, figlio di mesi di preparazione, affermando la nostra presenza sulla scena. Un lavoro che ci ha regalato già delle piccole grandi soddisfazioni e che pare sia apprezzato e stimato da molti di quelli che ne vengono a conoscenza.

 Quale sarà ora il futuro della Gang? Prevedete altre commistioni con generi anche lontani dal vostro? Penso soprattutto alla scena punk, molto attiva a Roma, che spesso adotta tematiche non troppo distanti dalle vostre.
Alle porte ci sono nuovi singoli e collaborazioni con rapper stranieri ed italiani, a breve uscirà il videoclip di A Man from Africa di Lamin Colley (aka Sakata Makata) a chiudere l’esperienza dell’EP We are lions (uscito lo scorso novembre) e si aprirà così la strada ad un futuro che speriamo sia pieno di nuove produzioni e soprattutto concerti dal vivo. La sfida che la commistione culturale e di generi ci pongono davanti rappresenta un po’ la missione di Rap Meticcio che sempre ha cercato l’unità nell’apparentemente insanabile diversità delle persone; dunque non ci poniamo nessun limite verso qualsiasi risvolto stilistico seppur seguendo i gusti e le capacità dei singoli. Ben venga comunque lo scambio con tutte le realtà che hanno una visione sociale e culturale affine alla nostra che, seppur non avesse un risultato ‘musicale’, sarebbe comunque qualcosa che ci riavvicinerebbe a noi stessi, alla nostra comunità e a tutte le sfaccettature di questo mondo che, nonostante le opposizioni disperate di bigotti e conservatori, è già ‘meticcio’ e da un bel po’ di tempo.

 

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