CANTAUTORATO
Fabio Mancini (foto di Antonio Mura)
Pot Pourri
di Francesca Moschetti
RECENSIONE – Ci sono artisti che, pescando a piene mani dalla tradizione, passano alla storia per riuscire ad interpretare in modo personale ed in chiave moderna generi ed atmosfere diverse. Il giovane cantautore romano Fabio Mancini, classe ’93, ci prova con questo disco d’esordio, ma il suo sembra essere un tentativo riuscito solo a metà.
Le 4 canzoni dell’EP, prodotto in collaborazione con l’etichetta Free Club Factory, sono piacevoli, ma non di quelle che si fanno ricordare per la loro originalità. La voce dell’artista invece, calda, sensuale e pervasa da un’intensa energia, possiede un grande potenziale artistico capace com’è di restituire emozioni profonde. La cura musicale di Leonardo Angelucci è sapiente: gli arrangiamenti propongono il groove giusto che esalta la linea melodica di ciascuna canzone, ma i richiami evidenti a generi diversi come funk, blues, reggae, conferiscono all’opera un sound che sa un po’ troppo di operazione nostalgica, anche se Angelucci cerca di ricreare in chiave moderna quel soul/blues degli anni ’70/’80 cui Mancini si è dichiarato attratto fin da giovanissimo.
Purtroppo si fa fatica a trovare in questo disco un’impronta personale dell’artista, un bandolo musicale che ne riveli la coerenza con un progetto intuibile, se non esplicitamente dichiarato. È chiaro il campo musicale in cui vuole e sa muoversi il giovane cantautore, meno chiaro è se riuscirà a conferire più originalità alla sua arte, attraverso una costruzione musicale meno scontata – proprio perché troppo fedele alla tradizione. I testi ce li aspettiamo più personali e che non rimangano sulla superficie dei temi trattati, testi che meglio colpiscano l’immaginario per la loro efficacia nel restituire le emozioni che li ispirano. Sull’uno o sull’altro versante, è già sufficiente per operare un buon salto. In entrambi, si va oltre lo steccato.
A dispetto del titolo, Il mondo visto a testa in giù, ciò che emerge dai versi di questo disco, a volte struggenti e intimisti, a volte energici e ottimisti, è un mondo visto con piedi ben saldi per terra, il solito mondo pieno di contraddizioni, di ingiustizie e di solitudine, ma attraversato e vissuto con un atteggiamento ottimista, nel quale, secondo l’artista, la musica opera un’azione salvifica e consolatoria.
La musica consola dalla tristezza dell’abbandono in Perso nel blu, ci fa ‘sognare emozioni’ e ci dà la libertà di estraniarci dal brutto che c’è intorno in Rumori di città, ci fa sentire la serenità che cerchiamo nel vento che soffia in Sento e stigmatizza l’energia positiva a cui l’artista ricorre per affrontare i grandi ed inevitabili cambiamenti della vita in Goodvibes. Quest’ultima, in particolare, era già uscita come singolo: la sua ritmica accattivante e piacevole e il riff finale di chitarra elettrica ne fanno il brano più emblematico e vigoroso.
Registrato fra l’Australia e l’Italia, il disco è nato con l’intento dichiarato dell’autore di voler abbattere distanze e differenze unendo attraverso la musica, noi siamo certi che la musica questo miracolo sia in grado di farlo e a Fabio Mancini auguriamo di riuscirci.
Fabio Mancini – “Il mondo visto a testa in giù”
(Free Club Factory, 2020)
Ascolto obbligato: Goodvibes