HEAVY METAL / SOUTHERN ROCK
Helligators
Miasmi di palude
di Federico Ciampi
RECENSIONE – La palude ispira cattiveria, ormai è un fatto noto da anni. Sarà per il caldo umido, soffocante ed insopportabile, puntellato dal terrificante ronzio degli insetti, soprattutto di notte, quando gli occhi non vedono e lo sguardo annaspa nel buio labirintico di quell’inferno. Lo avevano capito bene i Pantera, con quell’infinito capolavoro di The Great Southern Trendkill, sempre colpevolmente trascurato nella discografia dei texani. In quel profondo solco nel fango si inserisce il nuovo capitolo dei romani Helligators, intitolato semplicemente Hell III.
Stilisticamente si propone con la grazia di un destro in faccia gentilmente offerto da un esperto boxeur. Brani monolitici, panteriani nell’anima e ‘nel core’, ma moderni nel suono. Terribilmente moderni. Ed è qui il pregio principale di questo lavoro, potente e selvaggio. Ma come in ogni buon gioco al paradossale, i pregi possono diventare anche inaspettati punti deboli. E, nonostante la cattiveria profusa, non tutto è perfetto, dove per perfetto vedasi l’apprendimento completo della lezione di Dimebag Darrell e compagni. Lo standard è altissimo, ma è giusto puntare alle stelle, se si hanno capacità come quelle profuse dagli Helligators, che già nelle precedenti fatiche avevano dimostrato di che pasta fossero fatti.
In III, i brani tendono alla lunga a somigliarsi un po’ troppo. Non sarebbe così grave, essendo così galvanizzanti: ammettiamolo, i cari vecchi AC/DC o Motörhead ci piacevano proprio per quello, è inutile nasconderlo. Tuttavia, a svantaggio di questo lavoro giocano altri due fattori, che in combinata diventano penalizzanti. In prima battuta, il minutaggio forse eccessivo dei singoli pezzi: un ascoltatore distratto potrebbe faticare ad essere conquistato. L’altro nodo, che è puramente frutto del gusto di chi scrive, sta nella produzione: a tratti sembra troppo pulita e in un genere come questo, trasudante sangue, sudore e melma, un po’di sporcizia in più avrebbe solo giovato ad ottime composizioni come Rebellion o Even From The Grave. E invece, la scelta sonora così moderna li rende più simili alle recenti produzioni dei validi, ma un po’ scialbi (e forse troppo mainstream) Five Finger Death Punch, e decisamente troppo più derivativi (qualcuno ha detto Black Label Society?) di quanto vogliano essere nelle intenzioni.
In ogni caso, il disco va e supera le sabbie mobili: indubbiamente ha nel live la sua dimensione ideale, come è giusto che sia quando si tratta di scatenare potenza e cattiveria. Andateli a sostenere dal vivo: quello che in studio è un lavoro imperfetto, ma valido, davanti ad un pubblico ebbro di birra e walls of death ha tutte le carte in regola per confermarsi come torrenziale macchina da guerra.
Helligators – “Hell III”
(Sliptrick Records, 2019)