Recensione
Rhò – (foto di Nael Manuela Simonetti)
Buio e luce nel deserto al neon di Rhò
Ascolta il disco Neon Desert
(Gibilterra/Believe/PeerMusic, 2018)
RECENSIONE – Se Black Horse rimanda ad una dimensione onirica e notturna, la luce al neon Rhò, al secolo Rocco Centrella, la accende con Cross, un brano che condivide col primo lo stesso punto di partenza, per arrivare da tutt’altra parte e sviluppare un’altra direzione, quella appunto luminosa, componente essenziale, quanto il buio, in questo Neon Desert, disco che segna per l’artista il passaggio perfettamente riuscito verso la musica elettronica.
Tutti i brani sono scritti e co-prodotti con il batterista Stefano Milella, già nei Fabryka e Big Charlie, mentre la cura del suono è affidata a Jo Ferlinga, che non tralascia alcun dettaglio ma, anzi, fa un ottimo lavoro nel quale tutti gli strumenti, sia quelli acustici che elettronici, trovano il loro spazio per emergere, insieme alla voce di Rhò, che sa districarsi in tutti i momenti del disco, donando una sfumatura di calore all’insieme.
Quella di Neon Desert è un’elettronica che si sviluppa in una dimensione cantautorale, intimista e a tratti oscura, con momenti intensamente liberatori e luminosi, che si verificano soprattutto nei ritornelli e nelle code strumentali dei brani. C’è infatti una caratteristica ricorrente nella strutturazione di alcune canzoni: il brano inizia con la voce di Rhò in primo piano, per poi lasciare lo spazio, poco a poco, a tutti gli altri strumenti, intensificando questo stretto rapporto che fa coesistere la luce (che non è quella del giorno, per quanto l’immagine del deserto trasmetta una sensazione di costante luminosità) e la dimensione notturna (a cui l’immagine del neon rimanda in maniera imprescindibile).
L’impressione, se ci si lascia trascinare dalla musica, ascolto dopo ascolto, è quella di attraversare più dimensioni e atmosfere, da quelle a tratti opprimenti e claustrofobiche a quelle calde e luminose, e ciò che rende ancor più interessante questo album è che la stessa cosa spesso avviene all’interno della medesima canzone, come in Sideway, che lo chiude e che si impone, col suo ritornello che rimane impresso nella mente, insieme a Lies e Hold On, come uno dei brani più belli del disco. È davvero pregevole, poi, il fatto che un ruolo di primo piano lo ricopra uno strumento come il flauto traverso, che con la sua versatilità dà risvolti sorprendenti all’architettura sonora dell’insieme, rafforzando quell’impressione di alternanza tra opposti e contrapponendosi, idealmente, alla strumentazione elettronica e alla batteria, che invece spingono l’acceleratore sulla “dark side”.
Quella di Rhò è un’elettronica suggestiva e quasi cinematografica e non è un caso che Hold On compaia nella colonna sonora de Il Padre d’Italia di Mollo, con protagonisti Luca Marinelli e Isabella Ragonese. Inoltre, anche per il fatto di essere cantata in inglese, si apre ad una dimensione molto europea, internazionale che, nell’universo di questo genere, avvicina questo artista a nomi come Apparat, M83 o Deptford Goth, musicisti che fanno della potenza espressiva di musica e parole il loro forte. (Ilaria Pantusa)
Di seguito la gallery a cura di Nael Manuela Simonetti con le foto dello show-case di Rhò a Radio 2 Rai dove lo scorso 30 gennaio ha presentato Neon Desert con ascolto in anteprima dell’album.