COUNTRY BLUES

 

Slippin’ and Slidin’

 

di Angelo D’Elia

Tempo di grandi ritorni, ed i grandi ritorni vanno celebrati adeguatamente. Nella settimana in cui ritorna uno degli appuntamenti più fieramente indipendenti, controcorrente ed alternativi che la Capitale abbia mai avuto da offrire – e stiamo parlando di quella festosa ed anarchica bolgia che è Invasione Monobanda – andiamo a parlare della nuova release di uno dei veterani del monobandismo capitolino: The Blues Against Youth.

Anche se, nel caso specifico, non si può esattamente parlare di one man band in senso stretto, perché questo As The Tides Gets High And Low, sesto lavoro per TBAY, porta a compimento definitivo una fase di transizione cominciata già nel precedente Evil Flatmates, in cui il nostro si faceva accompagnare nel suo viaggio da musicisti di ottimo livello alla ricerca di un sound più maturo e strutturato. Qui si spinge ancora di più in questa direzione, ottenendo risultati davvero esaltanti, ma Gianni TBAY nasce come one man band, e quella furia, quell’urgenza frenetica di macinare miglia e miglia di strade polverose per il piacere e la necessità di suonare nelle situazioni e nei posti più assurdi, la percepiamo ancora intatta tra questi solchi, soltanto filtrata dall’esperienza e dalla maturità di chi ha il ‘chilometraggio’ giusto per poter impartire qualche lezione di stile, e per poter affermare serenamente “Ragazzi, io di strada ne ho fatta”.

Va da sé che il tema portante di questo disco è il viaggio, l’andare verso qualcosa (o qualcuno), il ritornare, il fuggire, insomma questo è un disco in movimento continuo, che invoca alla reazione, ed è emblematico che sia stato composto e concepito durante il lockdown, periodo di stasi mondiale, quando l’unico modo per sopravvivere era cominciare a correre, anche se solo con la mente e con le mani.

Questo senso ansiogeno di fuga lo ritroviamo già nel magnifico pezzo d’apertura Refugee, una vera e propria frustata, in cui si parla di persone che affrontano un viaggio lungo e pericoloso per poi magari trovare la morte in mare, ed è difficile non pensare alla strettissima attualità ed alle migliaia di morti che ogni anno ci restituisce il Mediterraneo, che non perdona chi tenta disperatamente la via di una vita “migliore”. Qui il ritmo incessante della cassa e del contrabbasso creano un’atmosfera minacciosa, la chitarra slide rievoca le onde del mare. Questo disco è un vero e proprio monumento alla slide guitar, presenza incessante ed ossessiva, che rievoca la classicità ed il mistero del primitivo country blues, di Charley Patton e Son House, e di tanti altri che si spostarono dalla dura vita delle piantagioni in cerca di fortuna nella grande città, come si narra in Goin’ To Chicago. Con Goin’ To East Texas e I’d Rather Hide in The Back Woods, TBAY invece paga il suo doveroso tributo all’outlaw country.

La vera sorpresa, però, viene piazzata sul finale. Se Refugee era l’alfa di questo splendido disco, allora Oblivion ne rappresenta necessariamente l’omega. Qui si racconta un altro tipo di viaggio, quello dentro se stessi, in nove minuti di ipnotica e solenne cavalcata, dove si lambisce una psichedelia d’atmosfera, senza inutili orpelli e che ci fa intravedere una strada che TBAY fino ad ora non aveva ancora battuto, ma che potrebbe essere una direzione per il futuro.

Un ultimo appello: come si diceva in apertura, questo sabato The Blues Against Youth sarà da Dischi x Fiaschi, nell’ambito del Festival di Invasione Monobanda, a presentare (in solitaria) questo disco e per suonarne alcuni brani… Accorrete!

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