INDIE ROCK / ELETTRONICA

The Notwist

The Notwist – (Foto di Nael Manuela Simonetti)

 

La band dei fratelli Acher nella sua dimensione ottimale

06 aprile 2017 – Monk (Circolo Arci)

LIVE REPORT – È bene chiarire un concetto fin dalla prima riga: i Notwist, dal vivo, sono una macchina da guerra. Non c’è altra definizione più diretta e calzante per identificare una band che in poco più di un’ora e mezza inanella una raffica di brani dall’alto coefficiente di difficoltà – soprattutto nell’amalgama sonoro – facendoti credere che il tutto si diffonda con la leggerezza di un soffio.
L’esercito capitanato dai fratelli Markus e Michael Acher appare allora come l’invincibile nazionale cinese dei tuffi. Più si alza l’asticella, più si aggiungono carpiature, avvitamenti, più l’ingresso in acqua si fa morbido e compatto, restituendo all’aria poco più che una manciata di schizzi.

È un piacere per le orecchie ascoltarli dal palco del Monk, stretti in un ring di pochi metri quadri, fra chitarre, batterie, vibrafoni, tastiere e una certa dose di chincaglierie analogiche e diavolerie digitali, mentre nella sala si diffonde un suono che sfiora la perfezione tanto nei respiri melodici quanto nei segmenti più tesi e rumoristici.
I Notwist di oggi, quelli che dopo un buon decennio di attività nei ’90 si sono affacciati al nuovo secolo con un piano concreto di sperimentazione sonora, sono la dimostrazione che si possono impastare assieme suoni analogici e digitali senza sacrificare nulla dell’uno e dell’altro, ma anzi esaltandoli a vicenda nel contatto. La tecnologia, a rigore fredda nella sua compattezza matematica, sa essere calda e avvolgente se piegata alla sapienza quasi artigianale di musicisti di questa pasta.

Markus Acher, pochissime parole e tantissima sostanza, ringrazia timido a ogni manciata di brani la sala prevedibilmente piena del Monk, come a dire che dietro quegli occhiali spessi si nasconde una personalità artistica poco a suo agio nelle chiacchiere, nelle moine istrioniche di molti frontman e molto più concentrata a tenere fermo il volante verso la meta.
E la scaletta scorre così liscia, pesca dall’ormai lungo repertorio accumulatosi negli anni, permettendo ai nostri di dilatare i brani quanto serve per dare respiro, sussulti e divagazioni a ciò che su disco giocoforza resta più ingabbiato: esemplare in questo senso la splendida Pilot, inframezzata da un lungo tappeto synth-pop.

Dopo i saluti e gli applausi convinti, non resta che tirare i remi in barca e provare a rivivere il tutto anche a distanza. In questo, per quanto possibile, aiutati da Superheroes, Ghostvillains & Stuff, ultima uscita discografica della band che – guarda caso – è un live album. (Marco Pacella)

 

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