ROCK


Tommaso Tella


Limpido nelle intenzioni, schietto nei risultati


di Francesca Moschetti

Si ascoltano con piacere queste 9 tracce raccolte dal cinquantaseienne chitarrista romano Tommaso Tella nel suo disco d’esordio da lui pensato, prodotto e registrato durante la prima quarantena del 2020. Il titolo è emblematico: Flat Time, cioè il tempo ‘piatto’ e noioso dell’isolamento e della forzata inattività che però Tella corregge e trasforma utilizzando il ritmo incalzante e aggressivo del rock, genere questo che ama e che gli è congeniale. Lui scrive la musica, ma anche le parole di quasi tutte le canzoni e racconta, in inglese e in italiano, la sofferenza e il disagio che le attuali contingenze comportano.

Si tratta dunque di un ‘concept album’, progetto che, visti i temi che affronta e l’uso della lingua inglese insieme a quella italiana, sembra volersi proporre ad una platea non esclusivamente nostrana. Una scelta comprensibile, sia sul piano artistico che su quello ideologico, in una situazione che invita a confrontarsi con realtà che vanno oltre i confini nazionali, ma meno condivisibile per quanto riguarda l’uso di lingue diverse che di fatto ne sfilacciano il target. Ma se il codice linguistico dei brani proposti è disomogeneo, non lo è quello musicale, e la musica, si sa, parla a tutti. Qui ci parla in ogni brano con la voce graffiante e distorta della chitarra elettrica magistralmente suonata dallo stesso Tella e sostenuta dal ritmo trascinante della batteria di Marco Dinicolantonio. Tella suona anche il basso, mentre le voci sono quelle di vari cantanti che l’artista romano ha chiamato a collaborare.

Con Dinicolantonio, Tella ha condiviso molte delle proprie esperienze musicali (da citare la collaborazione al seguito di Paolo ‘Spunk’ Bertozzi), per lo più nel solco di una tradizione classicamente rock. Tale background musicale sembra irrompere continuamente nella scrittura dell’artista, nella linea melodica delle sue canzoni come in quella musicale e per tutto l’album ne condiziona lo stile. È pervasivo l’uso della chitarra, del basso e della batteria e i ritmi poco sincopati sono tipicamente semplici e ripetitivi, mentre le melodie sembrano derivare dalla tradizione del genere. Tell me why è il brano che più di tutti riassume in sé le caratteristiche del classico pezzo di ispirazione pop-rock con una melodia suadente, una parte strumentale intensa e ben articolata ed un assolo di chitarra che riesce a dare spessore ed importanza ad un pezzo che è fra i più belli ed originali del disco ed il cui testo viene sapientemente interpretato dalla graffiante voce di Antonello Agno Varallo.

Nella sua opera prima Tommaso Tella è riuscito a tirar fuori un discreto disco di genere, un po’ prevedibile forse, ma senza la minima ambizione da accademia e pertanto limpido nelle intenzioni e schietto nei risultati. Pur senza particolari picchi, in questi 38 minuti e 35 secondi di buona musica vi è più di una canzone all’altezza della situazione e, in un momento storico così difficile per chi vive di stimoli e di emozioni, è già un risultato pregevole ed un ottimo inizio.
Vale la pena ascoltare le canzoni di questo maturo artista ‘emergente’ e se anche non doveste riuscirne a decodificare il testo, la musica senz’altro potrà aiutarvi a trasformare comunque questo nostro comune Flat Time in un tempo di ascolto attivo e di emozionante riflessione.

 

Tommaso Tella – “Flat Time”
(Autoprodotto, 2020)

Ascolto obbligato: “Tell me why”

 

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