Gothic / Stoner / Doom Metal

witches of doom

Witches of Doom

Le Streghe portano a casa il set. Non la partita

Seconda fatica per i romani Witches of Doom, che si affacciano al difficile tavolo della riconferma con il nuovo record Deadlights, amalgama interessante di più generi sintetizzati tra loro. Dea ex machina l’americana Sliptrick Records, a confermare che un certo tipo di sonorità, dalle nostre parti, non vale un investimento.

Dopo l’esordio di Obey, i Witches of Doom proseguono la personale ricerca musicale sfornando un lavoro dagli intenti nobili e pieno di propositi apprezzabili. Manifesto nemmeno troppo celato, quello di riunire più sfumature musicali per sfornare un ibrido quanto più distante possibile dalle categorizzazioni usuali. Per riuscire nell’intento, dal 2014, alla formazione degli esordi (chitarre, batteria, basso, voce), si è unito alle tastiere Graziano ‘Eric’ Corrado, artefice del tappeto elettronico del disco.

Generi: se ne contano almeno 3. A partire dal gothic per le atmosfere cupe e martellanti; stoner metal per il metronomo lento e cadenzato di alcuni brani; infine, un po’ di melodic per la voce liftata nei pezzi più melensi. Influenze: se ne contano altrettante – Type O’ Negative, Megadeth, Zakk Wylde.

Indubbiamente ogni esperimento è un esperimento riuscito, se inscritto in un panorama spesso assuefatto dal copia e incolla (volendo utilizzare democratici eufemismi sugli scenari discografici nostrani). Tuttavia, se nei primi minuti d’ascolto si è catapultati istintivamente verso un giudizio positivo (Lizard Tongue e Run with the Wolf sembrano raggiungere la summa di un sincretismo positivo), con il passare dei minuti ci si rende conto che il pennello del pittore ha calcato troppo la mano e rischia un fuori tema clamoroso.

Non è difficile perdere il filo del discorso, tra parti melodiche, impunture metal e tastiere anche troppo scolastiche. Per non parlare di qualche tentativo da hit parade. Esempio lampante Black Vodoo Girl: tre/quarti di disco, momento clou della produzione. I Witches presentano un brano ambiguo, melodico per quasi tutta la sua completezza, con linee catchy e pochissimi spunti. Irrompe un pianoforte verso metà brano, ma è subito scalzato dal ritornello che a fine brano risulterà indigesto.

Eppure le qualità specifiche di questi ragazzi sono davvero invidiabili. La batteria forse la nota più alta, con un Andrea “Budi” Budicin sempre competente, ripetitivo soltanto se la parte lo prevede. Il basso (Jacopo Cartelli) non è mai un contorno irrilevante e la sezione ritmica ne guadagna in efficacia. La chitarra di Federico “Fed” Venditti, quando è chiamata in causa (troppo poco) regala assoli convincenti. La voce di Danilo “Groova” Piludu si dimostra versatile quanto serve, tra growl e dettagli ben più caldi.

Deadlights è un continuo pendolo: più lo spettrometro si sposta verso un apice, più un altro passo equivoco o ardito fa discendere il gradimento al contrario, provocando un fastidio di fondo che rimarrà sonnecchiante per tutto il disco. Ad un’ottima Gospel War (questa è la sperimentazione che piace), corrisponde sempre un’inspiegabile Deface – The Things that Made Me a Man.

Questo bis dei Witches of Doom lascia in bocca un sapore dolce-amaro che non farà urlare al miracolo, ma tantomeno infastidirà così tanto i puristi del (dei?) genere da far archiviare questo lavoro come non positivo. Era importante confermarsi su buoni livelli e i Witches portano a casa il set. Ma non la partita. (Daniele Dominici)

Ascolta il disco Deadlights
(Sliptrick Records, 2016)

  1. Lizard Tongue
  2. Run with the Wolf
  3. Deface (The Things That Made Me a Man)
  4. Winter Coming
  5. Homeless
  6. Mater Mortis
  7. Gospel for War
  8. 9. I Don’t Want to Be a Star

Formazione:
Federico “Fed” Venditti: Chitarra
Jacopo Cartelli: Basso
Danilo “Groova” Piludu: Voce
Andrea “Budi” Budicin: Batteria
Graziano “Eric”Corrado: Tastiere

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