indie folk

img_ferri_taking_care

Fra paure e speranze, in prospettiva domestica.

Siamo proprio sicuri che un buon album d’esordio debba necessariamente essere forte e diretto per riuscire a imprimere nella memoria il nome e il sound di un artista, in modo da elevarlo sui quintali di musica che – consapevolmente o meno – giunge senza filtri alle nostre orecchie? Nella musica degli ultimi anni, in cui gli ascolti sono sempre più rapidi e disomogenei, questo consiglio è stato spesso applicato alla lettera, ma… Se anche voi ogni tanto cercate (anche) qualcosa che prima di prendere posto nella stanza più intima del vostro cervello per abitarlo di parole e suoni abbia il buon gusto di indossare le pattine e avvicinarsi a passo leggero, allora credo apprezzerete il primo album della cantautrice romana Livia Ferri, Taking Care (BlackBackCalico/ M.I.L.K., 2012).

Non si tratta certo di composizioni in cui manca il cosiddetto ‘pugno in faccia’, Taking Care ha però il ritmo calibrato di un respiro, alterna con precisione i momenti di maggiore introspezione e riflessione con brani che a pieni polmoni si aprono verso il mondo là fuori. A farla da padrone è la voce insieme incisiva e dolce di Livia, messa lì a imbastire di parole (in lunghi testi in inglese) gli arpeggi di chitarra acustica che costruiscono ogni singolo brano, accompagnati da precise tracce di basso e batteria.

Un’atmosfera domestica, intima ma non necessariamente privata, è in fondo il tratto comune dell’album, rimarcata anche dalla scelta di registrare i brani al di fuori di un vero e asettico studio attrezzato, per ritornare idealmente nel luogo in cui questi brani hanno visto la luce, in quelle stanze di casa cariche di vita e di esperienze, ambienti noti che per questo non fanno più paura. Potremmo leggere così anche la foto di copertina: una stanza in cui i libri colmano l’intero spazio sul fondo e una lampada dalla luce calda illumina l’ambiente, mentre una vaga figura sfocata attraversa in primo piano l’immagine.

Prendono forma allora melodie pop e folk, dolci e accattivanti (il primo singolo Hopefully, la sognante In My Dreams) che convivono in rapido giro con passaggi più decisi (Homesick su tutte), in cui la voce di Livia Ferri smette i panni del narratore ispirato per ricacciare a terra i propri incubi e le proprie paure, solo momentaneamente sopite (Cassius Clay per esempio, un brano in cui le consuete melodie arpeggiate, imbastite su un cantato che giunge a tratti a sfiorare un sussurro leggero, sa farsi carico, senza appesantirne i toni, dell’inevitabile fine di ciò che siamo e ciò che ci circonda: I can see life dripping away/Everyday).

Sì, perché a dispetto della pur presente facilità di ascolto, Taking Care è verosimilmente anche un album di sofferenze e timori, necessità di fare i conti con se stessi. Sotto questa luce il titolo stesso, con il suo invito a non lasciare scivolare via le cose a cui teniamo, assume i tratti non di un vezzo ma di un’esigenza da difendere per affrontare gli ostacoli del presente. (Marco Pacella)

Taking Care
(BBC Record / M.I.L.K., 2012)

  16.01-l.ferri_ TRACKLIST

  1. Hopefully
  2. Helm
  3. In My Dreams
  4. Roads We Take
  5. Homesick
  6. Pavlov
  7. Cassius Clay
  8. All We Had
  9. Lonesome Light Blues
  10. The Flow
  11. Vertigo

 

FORMAZIONE
Livia Ferri: Voce, Chitarra Acustica, Piano, Organo
Alessandro Cinelli: Batteria, Percussioni
Daniele Marcante: Chitarra Elettrica
Francesco Milazzo: Basso, Cori, Percussioni

 

Pin It on Pinterest

Share This