INDIE / ALTERNATIVE

TheRivati

TheRivati – (Foto di Giovanni Marotta)

 

Neapolitan Power is still alive

22 aprile 2017 – Le Mura

LIVE REPORT – La scena musicale partenopea ha sempre avuto un legame strettissimo con ogni forma di espressione della black music. Nel corso dei secoli, innumerevoli razze e popolazioni hanno percorso le strade di Napoli, lasciando dietro di sé un’impronta che La Città ha assimilato e fatto sua, mantenendo sempre un’identità che nessuno mai è riuscito a scalfire.
Figlio di questa attitudine è il Neapolitan Power, movimento che, già dai primi anni ’70, rileggeva in maniera del tutto personale quelle influenze americane che arrivarono con la fine della guerra (quando per le strade risuonavano i dischi delle orchestre jazz e swing, qualcuno ascoltava e recepiva), e che ebbe come esponenti di spicco personaggi come Enzo Avitabile, il nero a metà Pino Daniele ed il ‘figlio della guerra’ James Senese, con i suoi Napoli Centrale.

Questo preambolo, per dire che i TheRivati sono una diretta emanazione di questo spirito, di questo modo di concepire la musica. Come si suol dire, nomen omen, già dal nome della band possiamo intuire la loro proposta musicale: derivativi per scelta, con la loro mistura di funk/jazz/blues, il tutto spruzzato di una certa dose di ironia. Il loro ultimo disco Black From Italy (2016 – Jesce Sole), ci aveva convinto per freschezza, energia e per una produzione estremamente accurata, quindi era lecito aspettarsi faville dal vivo. L’attesa è stata ripagata.

L’impatto fisico per una band del genere è fondamentale: l’imperativo è divertirsi e far divertire e cercare di far ‘smuovere il sedere’ anche ai più restii, missione che i TheRivati hanno portato a compimento senza problemi. Merito di una sezione ritmica precisa al millesimo, una vera macchina del ritmo che guida la band nei momenti più concitati e negli improvvisi cambi di ritmo e d’atmosfera senza perdere un colpo (Antonio Di Costanzo al basso, Stefano Conigliano alla batteria). Un muro solido a cui possono appoggiarsi con sicurezza il sax tenore di Saverio Giuliano, che passa dalle atmosfere in puro stile James Brown in brani come Sigaretta Funk, allo swing da big band di Italy, e la chitarra di Marco Cassese, che inietta poderose dosi di blues con parti soliste sempre raffinate e ficcanti.

La scaletta è scorsa via liscia e il gruppo ha inscenato siparietti tra un pezzo e l’altro, creando un’atmosfera confidenziale che il pubblico sembrava gradire. Unica piccola nota dolente, nella foga del live, i bei testi di Paolo Maccaro (rigorosamente in dialetto napoletano) erano poco intellegibili, un peccato (vi rimandiamo all’ascolto su disco) ma, in fondo, in queste occasioni il cervello lascia (e deve lasciare) il posto a parti anatomiche ben più a sud. (Angelo D’Elia)

 

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