BLUES
The Blues Against Youth (foto di Stefano Mutolo)
La differenza non sta nello strumento, ma nel manico
di Angelo D’Elia
RECENSIONE – In tempi di lockdown, Bandcamp ha lanciato la bella iniziativa di permettere per un giorno la pubblicazione di dischi sulla sua piattaforma a costo zero, consentendo ai musicisti di incassare l’intero introito di eventuali vendite. In molti hanno approfittato per tirare fuori dai cassetti registrazioni dal vivo (se non ci si può riunire, non si può ‘produrre’), facendo registrare un’interessante impennata di pubblicazioni live, come non se ne vedeva da tempo. Non si è fatto sfuggire l’occasione The Blues Against Youth, tirando fuori dal cilindro questa registrazione di una serata alla Henry’s Blueshouse in quel di Birmingham, testimonianza di una delle tappe del suo fortunato tour nel Regno Unito.
Lo avevamo lasciato non molto tempo fa, Gianni TBAY, quando aveva da poco dato alle stampe Evil Flatmates. Disco di svolta, lo definimmo, in cui, finalmente accompagnato da una intera band, riusciva a proporre una varietà ed una qualità di scrittura fino ad allora solamente sfiorata. Ma lui, come ben sappiamo, nasce come loner e quindi in attesa (trepidante) di un nuovo passo su quella strada, questo disco ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, che anche in solitaria The Blues Against Youth vale sempre la pena di essere ascoltato.
Un disco di puro, semplice e coinvolgente blues, niente di più, ma assolutamente nulla di meno. Se la differenza sta non nello strumento, ma nel manico, allora il nostro TBAY ha dimostrato una volta di più di essere uno degli interpreti migliori del nostro paese (in quella serata di fine gennaio a Birmingham era davvero in forma smagliante), perché la sua chitarra ha ormai acquisito quella qualità che contraddistingue i grandi interpreti dai semplici ‘suonatori’: ha un sound estremamente riconoscibile.
La registrazione è di buona qualità, la scaletta pesca a piene mani dall’ultima release in studio e la riproposizione in solitaria di questi pezzi li rende forse meno avvolgenti, ma sicuramente più grezzi. Injectors è sempre e comunque un pezzo killer, una bomba stomp ad alto tasso d’eccitazione. Tucano Bar Club, con quell’intro che ci ha sempre fatto saltare alla mente i Blasters, ti fa sempre venir voglia di fiondarti nella bettola più vicina e fare mattina aggrappato al bancone. Mirabili, poi, le riletture di grandi classici di Mississippi John Hurt (Spike Driver Blues) e Doc Watson (Tom Dooley) con cui svela la sua anima più country. Si vola già altissimi in apertura con l’omaggio a John Fahey – studioso, teorico e de-costruttore di tutte le forme di folk americano, se non lo conoscete: a studiare! – che dà all’intero lavoro quell’aria di classico, di quando vecchi bluesman e folksinger andavano a suonare in posti come il Gaslight Cafè, al Greenwich Village, nei primi anni ’60.
I microfoni posizionati per registrare la serata, oltre alla musica che viene dal palco, captano anche i suoni che vengono dal locale, quindi più di una volta sentirete risate, vociare e tintinnare di bicchieri: ascoltatelo in cuffia a volume adeguato, ad occhi chiusi e vi sembrerà di essere lì anche voi (dannazione!). Se serate come questa erano la vostra droga, questo è metadone di ottima qualità.
The Blues Against Youth – “Live at Henry’s Blueshouse”
(Big Bear Music, 2020)
Ascolto obbligato: Injectors